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La storia di Cristina Pinto, conosciuta da tutti come “Nikita”: da killer a pescatrice

Cristina Pinto, una delle più note donne killer della malavita napoletana, è tornata libera dopo 22 anni di carcere e ha deciso di raccontare la propria storia in una celebre docu-serie andata in onda su Sky, “Camorriste”. Recentemente la donna, nota anche come Lady camorra o Nikita, è stata protagonista di un episodio di rissa avvenuto nel quartiere Pianura, di cui è originaria. La Pinto, 48 anni, ha difeso la sorella insieme a un amico partecipando attivamente alla lite nonostante avesse una gamba ingessata e le stampelle.

La storia di Nikita è abbastanza nota a Napoli, soprattutto nei quartieri di Pianura e Soccavo, in quest’ultimo la killer operava insieme al compagno Mario Perrella, boss dell’omonimo clan che ha diviso in due il Rione Traiano in una lotta contro il clan Puccinelli. Una sanguinosa faida che fece quaranta morti ammazzati in meno di due anni, tra cui una vittima innocente, un bambino di 11 anni, Fabio De Pandi, ucciso da una pallottola vagante. Cristina Pinto partecipò ad almeno tre agguati, organizzò le spedizioni contro i nemici del boss, procurò le armi e curò la base logistica di alcuni agguati di camorra. Sfuggì al maxiblitz dei carabinieri di Napoli Uno avvenuto qualche giorno prima della sua cattura, ma fu poi scovata in un appartamento in via Oriani 2, qualche giorno dopo insieme alla figlia di tre anni. Era ospite da un uomo di fiducia del clan, Raffaele Mirabella. Un collaboratore di giustizia, Buonocore, disse di lei: “Capace di qualsiasi azione delittuosa, particolarmente impegnata in quelle che richiedono l’ uso delle armi“. Perrella la scelse per diversi agguati e come coordinatrice dei sicari che dovevano far fuori i rivali.

Oggi Cristina Pinto ha scontato la sua pena e ha collaborato con la giustizia, ma come dichiara lei stessa, senza mai pentirsi. E’ pescatrice di professione, ha un compagno ed è stata scelta per partecipare alla docu-serie di Sky per la particolare storia che ha reso celebre il suo nome nella zona flegrea. La donna killer intervista da Vanity Fair nel corso del DIG, Festival del giornalismo di inchiesta di Riccione, ha dichiarato:

Quando sparavo mi sentivo ancora più grande di quello che mi volevo sentire. Eravamo addestrati, come dei militari, quando sei nella camorra cambi tutto di te: il modo di parlare, di muoverti, di comportarti”. 

La figlia Elena, che oggi ha 30 anni, è cresciuta con la sorella dopo l’arresto della madre. Quando le due donne si sono riviste lei ha detto: “Quando le ho chiesto scusa mi ha risposto che non dovevo farlo perché avevo già pagato le mie colpe“.