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De Magistris, il sindaco che ha trasformato l’antisistema in sistema di governo

A primo acchito le politiche del sindaco di Napoli Luigi De Magistris potrebbero sembrare anti liberiste e anti capitaliste. Ma in realtà non è così. Pensandoci bene il primo cittadino arancione è l’esatto simbolo di un’anarchia liberista, un perfetto rappresentante della politica del laissez faire: vuoi occupare un edificio pubblico abbandonato? Ecco le chiavi. Vuoi mettere un chioschetto sul lungomare? Fai pure. Vuoi piazzare una bancarella in pieno centro città? E qual è il problema? Vuoi aprire una paninoteca, patatineria, friggitoria, gelateria? Ecco la licenza. E chi se ne frega di tasse, canoni di fitto, decoro urbano, puzza, inquinamento acustico e sporcizia.

De Magistris, il sindaco che ha trasformato l'antisistema in sistema di governoDel resto ai napoletani non piace essere governati. A questo popolo non è mai piaciuto. E De Magistris, bisogna dargliene atto, l’ha capito fin dal primo giorno da primo cittadino. Esempio lampante di queste politiche è la non attuazione del Daspo contro gli abusivi approvato dal governo Gentiloni e proposto dal Ministro degli Interni Minniti. In questo De Magistris, non solo pur di porsi contro l’esecutivo non ha rispettato un provvedimento legislativo, ma ha incentivato quella illegalità che ormai a Napoli equivale alla normalità. E tutto questo senza offrire soluzioni, ad esempio, su come legalizzare (attraverso la legge) alcune forme di lavoro che sono al momento abusive (processo che nel capoluogo partenopeo sarebbe davvero utile).

De Magistris ha compreso benissimo qual è la leva per governare la città. Il sindaco l’ha capito fin da quando ha dismesso la toga da magistrato e ha indossato la fascia tricolore. Ormai non è più tutore della legalità ma amministratore di una realtà pubblica in cui è meglio “non vedere, non sentire e non parlare“. Il primo cittadino ha ottenuto così il suo consenso, sfruttando il vuoto lasciato da una sinistra allo sfascio e spiazzando i grillini, anzi letteralmente fregandoli. E poi il tocco d’autore: il lungomare liberato, l’organizzazione di eventi e tutte le congiunture internazionali che hanno favorito (e di questo siamo felici) il boom dei turisti in città. Il classico fumo negli occhi, perfetto per chi viene a stare a Napoli qualche giorno, un’illusione per chi invece ci vive quotidianamente.

La capacità del sindaco di trasformare l’anti sistema in sistema, si è concretizzata nell’istituzionalizzazione dei centri sociali. Questi ultimi sono addirittura presenti in Consiglio comunale, rappresentati dalla pasionaria Eleonora De Majo del collettivo Insurgencia. Proprio con i gruppi “antagonisti” è esplosa la questione relativa agli edifici di proprietà del comune e “donati” ai centri sociali. Operazione che di fatto ha autorizzato diverse occupazioni abusive. Sorgono spontanee alcune domande: chi è il proprietario di tali stabili? Chi ne ha autorizzato l’occupazione? Quanto ci perde il comune, in gravi difficoltà economiche? Anche perché se in alcuni casi, come l’ex Opg, questi spazi sono utilizzati per attività sociali e di utilità per la comunità, le altre aree occupate, cosa producono per la collettività? Tuttavia nell’amministrazione dell'”occupazione del suolo pubblico regalato“, cosa ci si può aspettare?

Tutto ciò avviene in una città il cui bilancio è disastroso. Basti pensare che vengono effettivamente incassati meno del 20% delle contravvenzioni al codice della strada, appena il 45% dei canoni di affitto e circa il 50% della tassa sui rifiuti. Insufficienti anche i tassi di riscossione in conto competenza (anno in corso): 56% per le entrate tributarie (Imu e Tari); 53% per i trasferimenti da Regione, Stato e Unione europea; 35% per le entrate extratributarie (contravvenzioni, affitti, Cosap). Se invece si prendono in considerazione i dati di Milano, il confronto è impietoso: 79% per le entrate tributarie; 92% per i trasferimenti da Regione, Stato e Unione europea; 73% per le entrate extratributarie.

Se infatti nel 2008, 2009 e 2010 erano stati accumulati debiti fuori bilancio per un totale di 215,6 milioni, dal 2011 (l’ex pm è stato eletto sindaco a fine maggio) al 2016 si è raggiunta la cifra di 410 milioni. A cui vanno aggiunti i 265 milioni messi in cantiere da quest’anno al 2019. Significa quasi 700 milioni. Ovvero 210mila euro al giorno. Ce n’è abbastanza per accendere i riflettori e lanciare l’allarme, come hanno fatto i revisori dei conti dell’ente e la Corte dei Conti. La soluzione? Svendere il patrimonio comune.

E adesso? Dopo il rimpasto della giunta e le nomine ai vertici delle partecipate del comune, il sindaco De Magistris sta pensando alle elezioni. Sicuramente quelle amministrative in cui Dema vuole essere protagonista. Ma poi c’è l’appuntamento nazionale che con la probabile legge elettorale, attualmente discussa dai principali partiti, non consentirà allo schieramento del primo cittadino di entrare nel palazzo del potere tanto contrastato. Infatti, la soglia del 5% è proibitiva per Dema, a meno che non ci saranno coalizioni a sinistra. Nel frattempo se dovessimo votare con un sistema che di fatto è la brutta copia di quello tedesco, la rappresentanza dell’elettorato napoletano sarà minima: questo perché nel capoluogo campano la destra e la sinistra sono allo sfascio. Di conseguenza, a prescindere di come andrà a finire, De Magistris consoliderà la sua posizione a Palazzo San Giacomo.