Finito il tempo degli slogan, degli annunci reazionari e localisti, il sindaco di Napoli e la sua amministrazione devono fare i conti con i numeri e i dati che sono emersi dall’approvazione dell’ultimo bilancio. Ne viene fuori un contesto disastroso di cui fa parte una città prossima al dissesto finanziario, con i servizi pubblici al collasso e piena di debiti. Così la Napoli che si governa autonomamente con politiche indipendentiste e zapatiste, con il popolo e per il popolo, si risveglia dal sogno e fa i conti con la realtà: il popolo napoletano è abbandonato a se stesso, senza servizi, tra i più tassati d’Italia e con politiche assistenzialiste e di welfare inesistenti.
Così le ultime trovate propagandistiche, populiste e demagogiche di Luigi De Magistris (come l’instaurazione dello sportello “Difendi la città“ o il togliere la cittadinanza al generale dell’esercito piemontese Enrico Cialdini), assumono la banale forma del classico fumo negli occhi nei confronti di un popolo esaltato nella forma (noi siamo partenopei, migliori degli altri perché da sempre vittime del Nord e del Governo) ma mortificato nella sostanza (sfido un solo cittadino napoletano in grado di prendere senza alcun tipo di imprevisto un mezzo pubblico o di guidare la propria auto in città senza arrabbiarsi per lo stato del manto stradale).
Si scopre, ad esempio, che l’amministrazione del bene comune sta svendendo le sue partecipate e il proprio patrimonio immobiliare (che ben inteso non è del sindaco ma dei cittadini napoletani) ai privati per riempire cassa. Proprio sugli immobili di proprietà del comune potrebbe aprirsi una polemica senza fine considerato che non è mai stato fatto un censimento come Dio comanda che abbia permesso di valutare l’immenso patrimonio immobile (nel vero senso della parola) della città. Senza parlare dell’incapacità dei dirigenti di palazzo San Giacomo di saper riscuotere le sanzioni amministrative (come ad esempio le multe) per poi però trasformarsi in brutali esattori quando si tratta di incassare la Tasi (la tassa comunale sui rifiuti) che a Napoli è tra le più care d’Italia.
Gesac, Napoletana Gas, Palazzo Fuga (l’Albergo dei Poveri di piazza Carlo III°), il circolo Posillipo, il circolo Tennis, gli alloggi di Palazzo Cavalcanti. Ecco alcuni dei pezzi più pregiati di Napoli inseriti nella previsione di bilancio del comune che andando in vendita dovrebbero garantire alle nostre casse circa 350 milioni di euro. In questo totale sono compresi anche gli introiti derivanti dalle vendite ordinarie come gli uffici ex circoscrizione di Santa Caterina a Chiaia, le stazioni Palazzolo e Cimarosa della Funicolare di Chiaia e la gestione del servizio cimiteriale di illuminazione votiva.
Per non farsi mancare nulla vengono annunciati gli aumenti sui biglietti dell’Anm (Azienda Napoletana Mobilità), società in crisi economica che rischia sul serio il fallimento e che non garantisce per niente il servizio per il quale esiste. Però, a quanto pare, l’unica soluzione tirata fuori dal cilindro degli amministratori dell’azienda insieme a quelli del comune, è stata quella di aumentare le tariffe sui titoli di viaggio. Riccardo Realfonzo, ex assessore al bilancio del primo mandato De Magistris (che diede le dimissioni proprio per dei contrasti con il sindaco) è stato molto chiaro con delle dichiarazioni rilasciate al Corriere del Mezzogiorno durante un’intervista: “Bisognava dichiarare il dissesto anni fa, come io avevo proposto. Poi sarebbe stato necessario strutturare un piano finanziario di rientro. Invece per comodità elettorali e di consenso l’amministrazione ha preferito galleggiare, sopravvivere, mettendo una pezza qua e la. Ma questi provvedimenti di breve termine non sono stati efficaci. Ci vogliono far credere che si incasseranno nei prossimi 8 mesi circa 120 milioni dalla vendita del patrimonio immobiliare, quando nell’intero 2016 si è riusciti a ricavare solo un milione. E poi il Comune dovrebbe quadruplicare le entrate da lotta all’evasione mentre, invece, aumenta le tasse e i costi dei servizi pubblici che non funzionano. Davvero spassosissimo, se non fosse che poi il conto lo pagano cittadini e imprese” .
Per l’approvazione di questo scempio comune ci sono volute bel 22 ore di dibattito in consiglio comunale e 35 ordini del giorno. Nessuna parola è stata pronunciata, però, sul fatto che a Napoli Irap, Irpef e Imu strangolano imprese e famiglie più che in molte altre città del paese. Si potrebbe continuare a scrivere di tanto altro, ad esempio delle fioriere anti terrorismo (senza manco un fiore), letteralmente buttate sul lungomare più bello del mondo. Ma questo è un dettaglio, come trovare il pelo nell’uovo in una frittata fatta molto male, bellissima fuori ma cruda dentro (periferie, sicurezza, cantieri incompiuti, manto stradale, viabilità, degrado urbano, rispetto della legalità). L’unica mossa azzeccata del sindaco è stata quella di scassare letteralmente tutto e di mantenere una promessa: Napoli è a tutti gli effetti una città che si auto-governa e gestisce da sola. Nel senso che il popolo è anarchico e l’amministrazione non lo guida. Così ci accontentiamo del mare di turisti che per fortuna invadono le strade della città, perché Napoli è sempre più un luogo per viaggiatori e forestieri, ma sempre meno dimora ideale dei suoi cittadini che non si sa fino a quando potranno campare di pizza, sole, mare, panorama e mandolino. Mi verrebbe voglia di fare una bella denuncia allo sportello Difendi la città, ma poi rischierei di prendermi una bella querela con l’accusa di aver diffamato Napoli, la mia città, quella in cui ho deciso di restare per lavorare e viverci.