Dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel luglio del 2015, ha ordinato omicidi, stese che hanno ucciso innocenti come il 17enne Genny Cesarano e dichiarazioni di guerra a chiunque si intromettesse sulla sua strada. Per quasi un anno il quartiere di Miano, periferia a nord di Napoli, e il Rione Sanità sono stati vittime della scellerata volontà di Carlo Lo Russo, 51 anni, boss dell’omonimo clan, detto anche dei “Capitoni”, che pochi mesi dopo l’arresto, avvenuto nell’aprile del 2016, ha iniziato a collaborare con la giustizia ricostruendo omicidi da lui stesso commissionati ai suoi killer “kamikaze“, così come li amava definire.
A distanza di quasi tre anni, gli agenti della Squadra Mobile di Napoli, diretti dal primo dirigente Luigi Rinella, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno ricostruito l’omicidio di un affiliato al clan dei Lo Russo: Vincenzo Di Napoli, ucciso a 25 anni il 9 dicembre del 2015 in via Miano nei pressi di piazza Tafuri.
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L’omicidio, così come ricostruito dallo stesso Carlo Lo Russo, venne eseguito pochi mesi dopo la stesa del 6 settembre in piazza San Vincenzo nel Rione Sanità dove venne ucciso per errore il 17enne Genny Cesarono. Anche Vincenzo Di Napoli faceva parte di quel gruppo di fuoco che esplose 24 colpi d’arma da fuoco partiti da tre pistole di diverso calibro (9×21, 7×65 e 356). Con lui c’erano Antonio Buono, Luigi Cutarelli, Ciro Perfetto e Mariano Torre, tutti processati e condannati all’ergastolo per l’omicidio.
IL MOVENTE – Di Napoli venne eliminato tre mesi dopo perché, così come dichiarato da Carlo Lo Russo e dal neo pentito Mariano Torre, si temeva che potesse iniziare a collaborare con la giustizia dopo il clamore mediatico che ebbe la vicenda. La decisione di uccidere Di Napoli – sempre secondo le parole dei pentiti – fu presa da Ciro Perfetto, 22 anni.
Quest’ultimo, insieme ad Antonio Buono, 28 anni, è stato raggiunto in carcere da una nuova ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di 4 soggetti, esponenti del clan camorristico dei “Lo Russo”, operante nei quartieri di Miano, Piscinola e Chiaiano, ritenuti responsabili, a vario titolo di omicidio, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo, aggravati dall’art. 7 (intimidazione), associazione per delinquere di stampo camorristico e associazione
finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
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Tra i destinatari del provvedimento restrittivo figurano anche Antonio Montepiccolo, 31 anni, che aveva il compito di accompagnare Carlo Lo Russo nei suoi spostamenti, di custodire le armi del clan, di fornire supporto ai membri del gruppo di fuoco nella esecuzione degli omicidi e di confezionare la sostanza stupefacente da vendere nelle piazze di spaccio rientranti sotto il controllo del clan e Antonella De Musis, 35 anni, amante del boss Carlo Lo Russo e punto di riferimento per i componenti del gruppo di fuoco ai quali forniva supporto logistico e materiale prima e dopo la commissione degli omicidi così come avvenuto anche con l’omicidio del boss Pierino Esposito nel Rione Sanità.

