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Faida di Forcella, l’escamotage non tradisce: ergastoli cancellati ai “Capelloni”

Sono riusciti ad evitare la condanna all’ergastolo ammettendo gli addebiti. Continua a funzionare l’escamotage che affiliati ai clan di camorra utilizzano, soprattutto nel secondo grado di giudizio, per evitare il massimo della pena.

Questa volta tocca ai baby camorristi del clan Buonerba, i “Capelloni” di via Oronzio Costa a Forcella, responsabili dell’omicidio di Salvatore D’Alpino, alias “Tore ‘o brillante”, ucciso a 36 anni il 30 luglio del 2015 all’esterno di una pizzetteria di piazza Mancini nell’ambito della faida che in quei mesi vide protagonista la paranza dei bimbi (il cartello criminale composto dalle famiglie Sibillo, Giuliano, Brunetti e Amirante) contro i ribelli della “strada della morte“, che dopo la raffica di arresti nel clan rivale (9 giugno 2015) decisero di non pagare più la tassa per lo spaccio forti dell’appoggio dei Mariano dei Quartieri Spagnoli e dei Mazzarella del centro storico e dei Sequino del Rione Sanità.

I giudici della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno confermato la sostanza delle condanne disposte il 28 ottobre del 2016 alleggerendo però le pene grazie alla confessione degli imputati, a processo in primo grado con rito abbreviato (che prevede lo sconto fino a un terzo della pena) e cancellando l’aggravante della premeditazione.

Gennaro Buonerba

Così dall’ergastolo, i sei affiliati al clan dei Buonerba, sono stati condannati a 20 anni di reclusione. Si tratta del baby-boss Gennaro Buonerba, oggi 26enne, e dei coetanei Antonio Amoroso, Luigi Criscuolo. Venti anni anche ad Assunta Buonerba, sorella di Gennaro, Luigi Scafaro e Salvatore Manzio, tutti condannati in primo grado a 30 anni di reclusione.

Nell’agguato a Salvatore D’Alpino, affiliato al clan Sibillo, rimase ferito anche il 37enne Salvatore Caldarelli.

Il video dell’agguato venne diffuso dalla polizia di Napoli a testimonianza della ferocia di una guerra di camorra che ha contrapposto babyboss per il controllo di piazze di spaccio ed estorsioni nel centro storico della città.

Gli stessi “Capelloni” lo scorso 8 marzo 2018 sono stati condannati, in primo grado, all’ergastolo per l’omicidio del baby boss Emanuele Sibillo, avvenuto nella notte del 2 luglio, poche settimana prima dell’omicidio D’Alpino.