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“Erano in 15, c’erano anche 4 donne”, la denuncia del detenuto alle Iene

Roberto Leva ha rilasciato un'intervista a "Le Iene" all'interno di un servizio girato sul carcere di Poggioreale. Leva è uscito dal coma

Roberto Leva si è ripreso da un coma farmacologico da qualche giorno dopo un ricovero urgente presso l’ospedale San Paolo di Napoli. L’uomo, 50enne e detenuto presso il carcere di Poggioreale, è arrivato al nosocomio lo scorso 27 aprile in gravi condizioni con evidenti fratture e contusioni.

Leva, tossicodipendente e già noto alle forze dell’ordine per reati minori, secondo la ricostruzione delle autorità penitenziarie avrebbe sbattuto con il volto a terra dopo un attacco epilettico. Ma la vicenda è balzata all’onore della cronache dopo la denuncia fatta dalle sorelle.

Le due donne, infatti, sostenendo che il fratello non soffrisse di tale patologia e insospettite dai segni che c’erano sul suo corpo, hanno chiesto al proprio avvocato Raffaele Minieri di presentare un esposto per presunta violenza. Secondo loro, Leva, sarebbe stato picchiato da alcune agenti della Polizia penitenziaria.

Sulla vicenda, lo scorso 2 maggio, sono arrivate anche le dichiarazioni di Donato Capece, segretario nazionale del SAPPE (Sindacato autonomo polizia penitenziaria): “Sono qui a Poggioreale per portare la mia solidarietà e vicinanza al personale di Polizia Penitenziaria che svolge quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato. Si continua con una campagna demagogica e strumentale a parlare di una ‘cella zero’ mai esistita e divenuta una legenda metropolitana creata ad arte per qualche interesse occulto che serve solo a delegittimare la Polizia Penitenziaria e le istituzioni. Basta! Chiediamo rispetto per la nostra dignità di operatori della sicurezza al servizio dei cittadini e della Stato. La Polizia Penitenziaria che lavora nel carcere di Poggioreale a Napoli – 700 Agenti per 2.300 detenuti! – è formata da persone che nonostante l’insostenibile, pericoloso e stressante lavoro credono nella propria professione, che hanno valori radicati e un forte senso d’identità e d’orgoglio, e che ogni giorno in carcere fanno tutto quanto è nelle loro umane possibilità per gestire gli eventi critici che si verificano ogni giorno. L’impegno del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una ‘casa di vetro’, cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci ‘chiaro’, perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale – ma ancora sconosciuto – lavoro svolto quotidianamente, con professionalità, abnegazione e umanità dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria. Nel caso specifico, stiamo parlando un soggetto epilettico che presenta ecchimosi a seguito delle cadute provocate dalla sua patologia sanitaria. Per questo confidiamo, quindi e come sempre, nell’operato della Magistratura perché, ripeto, siamo sereni e tranquilli rispetto alle gravi accuse che vengono rivolte agli uomini del Corpo in servizio a Poggioreale”.

Intanto, domenica sera, è andato in onda su Italia 1 un servizio de Le Iene dedicato al carcere di Poggioreale. In particolare sono state trasmesse delle interviste ad alcuni ex detenuti che avrebbero subito violenze all’interno del penitenziario. La puntata si è concentrata sulla storia della famigerata Cella Zero presunto luogo di tortura dove venivano malmenati i detenuti.

La storia di questa cella è stata raccontata dal’ex detenuto Pietro Ioia che vi ha dedicato anche un libro diventato spettacolo teatrale. Grazie alle denunce fatte da altri detenuti ci sarà un processo in cui sono imputati 12 agenti del corpo della Polizia penitenziaria.

Durante l’intervista rilasciata al giornalista Mediaset Giulio GoliaRoberto Leva ha raccontato i dettagli relativi alle presunte violenze che avrebbe subito in carcere: “Improvvisamente mi hanno chiamato sopo che io mi ero lamentato perché non mi sentivo bene. Sono un tossico e soffrivo perché mi avevano tolto la cura di metadone che stavo facendo. Sono sceso giù accompagnato da due agenti e sulle scale ne ho trovato ad aspettarmi altri tre. Se ti dico che mi sono ritrovato in una cella circondato da 15 agenti di cui 4 donne, non mi crederai mai. Mi hanno umiliato, fatto spogliare e picchiato. Non lo so perché l’hanno fatto, so solo che mi hanno rovinato. Un detenuto deve scontare la sua pena ma non deve essere torturato“.

Sulla vicenda relativa a Leva, vi sono però alcuni passaggi ancora da chiarire. Il primo è relativo al suo ricovero. Infatti, il 50enne era stato trasportato al padiglione Palermo, lo spazio dell’ospedale Cardarelli destinato ai detenuti. Il mistero sta nel fatto che dopo qualche ora dalla sua dimissione, Leva, sarebbe stato ricoverato di nuovo e d’urgenza. Il secondo riguarda le dichiarazioni fatte dai familiari.

Infatti, econdo il Gaarante per i detenuti della regione Campania Samuele Ciambriello (che ha fatto visita al detenuto e ai suoi parenti), le forze dell’ordine non avevano trovato Leva in casa per notificargli un provvedimento cautelare (deve scontare ancora 7 mesi di carcere per cumuli di pene arretrate). Si è scoperto che il suo indirizzo di residenza era stato cambiato. In seguito Leva è stato individuato proprio grazie ai controlli che le forze dell’ordine hanno fatto in ospedale, luogo in cui il detenuto era già ricoverato.