Se i napoletani ritengono che la villa sull’isola della Gajola porti jella, non è per via di una delle tante leggende che s’intrecciano con la storia e le origini di Napoli. E’ per un fatto statistico. Chi acquista quella proprietà, muore per cause non naturali. E se non muore, va in rovina. Non bastasse la statistica, due sono i dati che hanno stuzzicato le più fantasiose spiegazioni di questo fenomeno.
Nell’antichità si ritiene l’isola fosse sormontata dal tempio di Venere Euplea, protettrice dei naviganti. Stazio e Pontano sostengono infatti l’isola si chiamasse originariamente Euploea. Oggi c’è chi si si spinge a sostenere che la Dea manifesterebbe con malefici e maledizioni il suo disappunto nel veder trasformato il suo tempio in una dimora residenziale per ricchi possidenti.
Ipotesi fantasiosa, certo, ma come altro spiegare quella lunghissima scia di morti sospette legate all’isola di Gajola? Prima di passare a raccontarne più diffusamente, vorremmo sottoporre alla vostra attenzione anche una seconda spiegazione, avanzata nel tentativo di fornire un perchè: il ritrovamento nel 1960 di un misterioso affresco raffigurante una gorgone adirata.
Dovete sapere che nel tratto di costa antistante l’isola, sin dal 1820 l’archeologo Guglielmo Bechi fece edificare una prima villa sul promontorio, per godere dello splendido panorama marino. Da bravo archeologo, però, aveva saputo individuare in quel terreno numerosissimi resti di un’antica presenza romana. Quando morì, il suo terreno passò nelle mani del Negri, che lo acquistò dalla figlia di Guglielmo Bechi.
Il Negri costruì la villa sull’isola della Gajola nel 1874, e andò ovviamente in rovina. Ma prima di seguire le vicende della villa maledetta, concentriamoci su quanto accadeva nella villa prospiciente (quella più fortunata). Sia il Negri che i successivi due proprietari continuarono a ritrovare reperti romani, finché la proprietà finì nelle mani del cognato di Conan Doyle (l’inventore di Sherlock Holmes), l’ammiraglio inglese Nelson Foley.
Dopo una vendita lampo a Norman Douglas, ed un altrettanto lampo riacquisto, “villa Foley” fu venduta definitivamente nel 1910 a Giuseppe Paratore, senatore della Repubblica Italiana. E qui veniamo al punto: uno dei possibili perchè della maledizione di villa Gajola, risiederebbe in un ritrovamento del 1960.
Nel rimuovere una tela anti-umidità sistemata dal vecchio proprietario Norman Douglas, il Paratore scoprì un affresco sul muro, terrificante. Si trattava di un’enorme volto, molto espressivo, a metà tra il sofferente ed il minaccioso, probabilmente una Gorgone (datata II secolo d.C., a detta di un esperto dell’epoca).
Giuseppe Paratore non ne ebbe affatto un’impressione positiva, tant’è che dispose subito fosse murata. Suo nipote Antonio Segre, però, riuscì a fotografarla prima che andasse persa per sempre tra le mura della villa. Dai ritrovamenti effettuati durante gli scavi iniziati nel 1820, effettivamente risultavano pezzi di affreschi quadrangolari staccati di netto. La Gorgone potrebbe essere uno di quelli.
Ma portava davvero sfortuna, la Gorgone? Nella tradizione greca dipingere Medusa, o esporne una rappresentazione tridimensionale aiutava la casa ad essere protetta dai malefici. Fece bene, dunque, Giuseppe Paratore, a farla murare? A giudicare da quanto avvenne ai successivi proprietari, decisamente no.
Ma avremo modo di parlare di loro a breve, ora è il momento di cominciare a sfogliare l’elenco dei malcapitati acquirenti della villa sull’isola della Gajola. A questo punto sarete sicuramente curiosi quanto lo siamo stati noi in fase di ricerca e documentazione. E’ per questo che vi chiediamo ancora un attimo di pazienza, perchè le ultime premesse che vi sottoponiamo sono particolarmente succulente.
Nel primo secolo a.C. sorgeva nella zona di Posillipo la villa di Publio Vedio Pollione, un simpatico aristocratico romano che si fece edificare, oltre ai personali appartamenti, un teatro, vari giardini, varie terme. Un vizietto che cominciò a contaminare di morte e crudeltà tutta la zona consisteva nel gettare i suoi schiavi, vivi, tra le fauci di un allevamento di murene, contenute in enormi vasche ricavate dal tufo.
Sempre al primo secolo a.C. risale la cosiddetta Scuola di Virgilio. Qui il poeta avrebbe insegnato ai suoi adepti le arti magiche, in particolare al nipote di Augusto. Sin da tempi antichissimi, dunque, questo luogo veniva legato a doppio filo a pozioni incantate e riti magici. Una tradizione vuole che le misteriose morti avvenute nella villa sull’isola siano legate proprio alle contaminazioni magiche delle acque.
Non a caso un personaggio come il Principe di Sansevero, Raimondo di Sangro, intorno alla metà del 1700 si recava spesso in quei luoghi suggestivi, con carrozza e cavalli, per sperimentare rituali esoterici e pozioni alchemiche. Si dice prediligesse l’isola di Gajola perchè era un profondo ammiratore di Virgilio Mago, con cui provava a mettersi in contatto sulle sponde di quel mare macabro.
Altra coincidenza precedente alla fondazione della villa maledetta nel 1874: all’inizio dello stesso secolo abitava indisturbato su quell’isola un eremita. I pescatori gli portavano da mangiare. E persino la marina militare sembrava succube del suo fascino. O meglio, intimorita dai suoi poteri. Lo chiamavano “Lo Stregone”.
La prima vittima della villa fu anche il suo primo acquirente. Luigi de Negri acquistò la villa e la ampliò. Trafficò in barche da pesca, fondando la Società Italiana di Piscicoltura. Ma non si sa bene come, la sua società andò in rovina, e De Negri si sbarazzò del fardello vendendo l’isola e la villa a quel Nelson Foley di cui abbiamo precedentemente detto.
I Foley vendettero la villa maledetta senza ripensamenti, contrariamente a quanto era avvenuto con l’altra villa, quella sulla terraferma. Agli inizia del ‘900 il nuovo proprietario comandava la Hawthorn-Guppy. Una delle loro navi, impegnata nella rischiosa manovra dell’inchino, di cui abbiamo recenti e tristi ricordi, si schiantò su una secca vicino all’isola di Gajola.
Nel 1910 la Gajola aveva appena cambiato proprietario (una società svizzera), e fu girata a Otto Gruenback e Hans Braum. La moglie di Braum, salita sulla seggiovia che collegava l’isola alla terraferma, cadde in mare e morì. Suo marito Hans si suicidò poco dopo con un colpo di pistola alla testa. Anche l’altro comproprietario, immune da tragedie familiari, si suicidò inspiegabilmente poco più tardi.
Dopo una parentesi tragica avvenuta nel 1931 (l’annegamento di un’intero collegio di orfanelli portati in barca nelle vicinanze dell’isola per una gita) ricominciarono gli avvenimenti tragici legati ai proprietari della villa di Gajola. Mauriz Sandoz, proprietario negli anni 50 della villa e di una famosa casa farmaceutica, morì suicida in manicomio, dopo essere impazzito quando gli riferirono che la sua società era in bancarotta. Non era vero, ma lui non lo seppe mai.
In rovina ci era andato davvero il proprietario successivo, Paul Karl Langheim. Ma in quel caso la villa c’entrò poco. Il ricco industriale dell’acciaio fece tutto da solo, scialacquando enormi cifre in festini senza freni sulle rive del mare di Posillipo. Una rovina autofinanziata, insomma, in piena coerenza con la storia della villa in cui viveva.
Ad acquistare la villa dopo Langheim fu l’Avvocato Gianni Agnelli. A lui non capitò nulla (anche perchè si dice la maledizione colpisca chi abita villa Gajola per un certo periodo di tempo). L’avvocato visse poco quella villa. C’è chi pensa però che quella sparuta presenza sia bastata per procurargli la rottura di una gamba e la terribile morte del figlio Edoardo.
Stessa sorte per Jean Paul Getty I, miliardario attivo nel campo del petrolio. Nel 1968, pochi anni dopo aver acquistato la villa, una banda di sequestratori gli sottrae il nipote, Paul Getty III. Il riscatto era altissimo ma per le finanze del miliardario non impossibile. Dopo aver recapitato ai sequestratori il suo netto “no”, il nonno ricevette l’orecchio di suo nipote.
1978: la villa della Gajola viene acquistata da Ninì Grappone, al secolo, Gianpasquale. Il miliardario si mise in testa di costruire un ponte retrattile che collegasse la Gajola con la terraferma, a forma di cannocchiale. Un affronto. Ricchezze sfumate in poco tempo, fallimento della compagnia, arresto per bancarotta fraudolenta, il cappio dei creditori, l’ennesima vendita della Gajola.
Ah, dimenticavo. Ricordate la villa “fortunata”, quella situata sulla terraferma? Ricordate la decisione del senatore Paratore di far murare la Gorgone? Vi avevamo anche detto che nell’antichità la Gorgone scacciava i malefici. Dal 1960, evidentemente, in quella villa è mancata protezione.
Al senatore subentrò il cosiddetto “Re del Grano” quel Franco Ambrosio in grado di dominare il mercato americano, ma coinvolto in uno scandalo giudiziario che ridusse all’osso tutte le ricchezze accumulate in un vita. La notte del 15 aprile 2009 lui e sua moglie furono barbaramente trucidati da tre rumeni.