Che la Turchia sia un paese fondamentale per gli equilibri geopolitici mondiali lo si può notare semplicemente dai suoi confini: a est c’è l’Iran, a sud-est ci sono l’Iraq e la Siria, a ovest c’è il mar Mediterraneo e a nord-ovest c’è la Grecia.
Insomma l’ex regno ottomano è un ponte tra l’Europa, i Balcani e la Russia (attraverso Armenia, Georgia, Arzebaigian) e il Medio Oriente. La Turchia che collega l’Oriente e l’Occidente, è geograficamente nel cuore di quei territori che sono al centro degli attuali conflitti che stanno dilaniando il pianeta.
La variabile impazzita che attualmente gioca un ruolo di prim’ordine per il paese turco sono le politiche del presidente Recep Tayyip Erdoğan ormai definito il nuovo Sultano.
LA FINE DELL’IMPERO OTTOMANO: DA ATATURK A ERDOGAN
La Turchia moderna ha rappresentato per molti anni un esempio di uno stato musulmano laico e per giunta liberale. Sulle ceneri dell’impero ottomano, il fondatore e primo presidente dell’attuale Turchia Mustafa Kemal Atatürk, ha utilizzato anche metodi repressivi, per mettere in atto un cambiamento radicale all’interno del paese (1923 – 1938).
Erdogan nel primo periodo del suo mandato ha continuato su questa strada. Il segnale principale lo si evince da due fattori: il primo è relativo al processo di adesione all’Unione Europea (un traguardo straordinario per un pese musulmano), il secondo è la guerra dichiarata all’estremismo islamico.
Ebbene, negli ultimi anni lo scenario si è completamente ribaltato: l’ingresso nell’UE, non solo si è allontanato ma addirittura appare impossibile e inoltre, il presidente turco ha offerto una grande sponda al fondamentalismo sunnita. Erdogan ha rispolverato il sogno di un nuovo regime in cui lui è il legittimo Sultano a guardia della principale corrente dell’Islam.
ERDOGAN, IL SULTANO SUNNITA DIVENTA ALLEATO DEGLI SCIITI
Da qui si è sviluppato un’asse con l’altro principale paese sunnita, l’Arabia Saudita, utile a contrastare l’azione dei paesi a maggioranza sciita (l’altra principale corrente musulmana). Questi ultimi vedono in prima linea Bashir Assad (presidente alawita – minoranza sciita – della Siria) e l’Iran.
Così Erdogan ha sostenuto i Fratelli Musulmani durante le Primavere Arabe, soprattutto il governo Morsi in Egitto, e l’Isis tra la Siria e l’Iraq. Con l’obiettivo di contrastare l’azione dei curdi siriani e iracheni, il presidente turco ha appoggiato i traffici del califfato ai suoi confini. Addirittura ne ha armato le truppe proprio contro le milizie curde. Inoltre, Erdogan, si è sempre dichiarato nemico di Assad professandone continuamente la caduta.
Ma tutto è cambiato dopo due importanti e tristi episodi: l’abbattimento dell’aereo russo Su-24 al confine di Siria e Turchia del 24 novembre 2015, e il fallito golpe proprio contro Erdogan del 15 luglio 2016.
IL “COMPLOTTO” CONTRO IL SULTANO E L’ALLEANZA “OBBLIGATA” CON PUTIN
L’abbattimento dell’aereo russo ha messo in condizione Vladimir Putin di trattare con Erdogan da un punto di vantaggio. Il nuovo Zar non avrebbe mai potuto far finta di nulla in merito ad un attacco subito da un suo caccia, il cui pilota è rimasto ucciso. Il presidente russo è l’Orso che sta conquistando il ruolo di protagonista in Medio Oriente, sottraendolo agli USA. Di conseguenza Putin ha barattato con Erdogan il passaggio del gas e di altre risorse energetiche in Turchia ad una ma decisiva condizione: tagliare qualunque accordo con l’Isis ma soprattutto con gli oppositori di Assad.
Insomma Putin ha imposto a Erdogan di aiutarlo nella riconquista di Aleppo (azione fondamentale per garantire il potere di Assad) e di chiudere i ponti con il Califfo Daesh sigillando i confini turchi. In cambio il Sultano parteciperà alla “spartizione” della Siria post – conflitto, in particolare per quanto riguarda il Nord, territorio in cui ci sono i curdi.
Ecco che Erdogan cambia di nuovo alleanze: da primo avversario di Assad ne diventa il principale alleato con la supervisione di Putin. La Turchia ha offerto una mano anche all’Iran. Quest’ultimo è il principale sostenitore del governo siriano con il quale ha accordi per finanziare le truppe sciite di Hezbollah in Libano.
Invece il fallimento del golpe contro di lui, ha permesso a Erdogan di chiudere i conti interni al suo paese. Le politiche di repressione ed epurazione dei suoi oppositori sono state devastanti. Le azioni di violenza contro politici, magistrati, militari e giornalisti sono state numerose e indecenti.
Inoltre incolpare Fethullah Gülen, il guru delle politiche musulmane progressiste che ci sono state in Turchia, ha creato un incidente diplomatico con gli Stati Uniti. Gülen era alleato di Erdogan, ma quando quest’ultimo ha intrapreso il percorso autoritario di cui è ancora fautore, l’ha contrastato. La conseguenza per il predicatore è stata l’esilio negli USA. A questi ultimi Erdogan ne ha chiesto, senza successo, l’estradizione.
LA TURCHIA È SOTTO ATTACCO: PIOGGIA DI ATTENTATI CURDI E DELL’ISIS
L’attacco della scorsa notte di Capodanno alla discoteca Reina di Istanbul è l’ultimo di una serie di attacchi terroristici che ha colpito la Turchia nell’ultimo anno. Questi i più gravi:
– 17 febbraio: potente autobomba contro un convoglio militare in pieno centro ad Ankara: 28 morti e oltre 60 feriti.
– 13 marzo: nuova autobomba guidata da un kamikaze esplode nell’affollato centro di Ankara nell’ora di punta serale vicino ad un autobus nell’affollato centro uccidendo 38 persone. Il governo accusa il Pkk e bombarda i curdi in Iraq.
– 28 giugno: attacco con un ordigno e uomini armati all’aeroporto Ataturk di Istanbul: 42 morti. La strage viene attribuita all’Isis.
– 30 luglio: miliziani curdi attaccano una base dell’esercito turco nella provincia sudorientale di Hakkari, al confine con l’Iraq, ma vengono respinti: 35 i miliziani e 8 soldati uccisi.
– 20 agosto: un kamikaze minorenne si fa esplodere a un matrimonio a Gaziantep, uccidendo 51 persone, fra cui almeno una trentina fra bambini e ragazzini. Incolpato l’Isis.
– 10 dicembre: doppio attacco dinamitardo fuori dallo stadio di calcio del Besiktas, vicino al night club Reina, uccidendo 44 persone. Rivendica un gruppo curdo Tak (Falchi per la liberazione del Kurdistan).
Erdogan sta pagando il prezzo per le sue politiche degli ultimi anni. L’islamismo autoritario l’ha allontanato dall’Europa e dall’Occidente (ma questi ultimi sono stati colpevoli quanto lui per come sono stati gestiti i processi di adesione all’UE). Il cambio delle alleanze dal mondo sunnita a quello sciita, ha esposto la Turchia agli attacchi dell’Isis. Infine, il conflitto con i curdi, è riesploso come non mai senza lasciare spazio a qualunque prospettiva di fine per questa guerra.
Il Sultano, da grande giocatore dello scacchiere internazionale, si trova adesso imbavagliato tra lo scomodo alleato Putin e i suoi nemici – terroristi che minano la stabilità interna del paese (l’Isis e i curdi). Questo ha allontanato Erdogan da Ryad e il mondo sunnita e soprattutto dall’America. Nel frattempo il legame con l’Occidente è sempre più debole e l’Europa è un partner amico solo perché investita dall’emergenza dei migranti, di cui la Turchia è un argine indispensabile.