Voce di Napoli | Navigazione

Storie di fantasmi a Napoli: la notte delle Sette Streghe

L’esoterismo e il mistero che rappresentano la nostra città hanno spesso spinto a creare e diffondere storie di fantasmi a Napoli. Delle numerose leggende napoletane, oggi vogliamo raccontarvene una ambientata a Meta di Sorrento. È una storia popolare e molto conosciuta quella del Pescatore e la notte delle Sette Streghe.

Storie di fantasmi a Napoli: La notte delle Sette Streghe

Storie di fantasmi a Napoli: Il Pescatore e la Notte delle Sette Streghe di Meta

Viveva tempo fa a Meta un giovane pescatore non molto bello, ma simpatico, si chiamava Francesco, ma tutti lo chiamavano “Ciccio” e come mestiere faceva il pescatore. Ogni giorno Ciccio, dopo il lavoro in mare, riportava la barca sulla spiaggia di Alimuri, la ricopriva con un telo e tornava a casa. Un bel giorno il pescatore, giungendo all’alba al solito posto, non trovò la sua imbarcazione e cominciò a cercarla, trovandola poi 200 metri più avanti. Inizialmente non diede peso alla cosa pensando che fosse uno scherzo di qualche burlone, ma il fatto si continuò a ripetere anche nei giorni successivi, per cui l’uomo decise di volerne sapere di più, e una bella notte si nascose all’interno della sua barca.

Allo scoccare della mezzanotte, Ciccio cominciò a sentire delle voci e vide in lontananza sette ombre. Quando queste arrivarono alla barca, il pescatore capì che erano le janare, streghe con unghie lunghissime, capelli spettinati e sottane bianche, lunghe fino ai malleoli. Subito la paura si impossessò dell’uomo, ma ormai era troppo tardi per andar via. La capo-strega stava già salendo sulla barca e impartiva ordini alle altre: “Rall rall mastu Giusepp invece e sei simm sett“. Le streghe cominciarono a spingere, ma niente, perché solo un numero dispari di persone avrebbe fatto muovere la barca, e ne erano in otto, aggiungendo Franco. Una delle streghe si accorse del componente in più e disse: “Simm ott invec e sett“.

La capo-strega a questo punto, indignata per l’osservazione, rispose: “Simm sett e no ott’“. L’altra allora continuò: “Simm ott’ e no sett“. Ma la prima, ancora più testarda, a quel punto, aggiunse: “E addo’ sta l’ott!“, “Sott a lanz“, rispose la strega. Scoperto il telo, Franco fu visto dalle janare che cominciarono a pestarlo con i remi e, riducendolo in fin di vita, lo lasciarono, storpio, sulla spiaggia di Alimuri. Il mattino seguente, un amico di Franco, arrivò in spiaggia e lo vide, quasi morente. Subito l’uomo accompagnò Ciccio a casa, ma non appena questi si riprese e raccontò dell’accaduto, il paese cominciò a deriderlo. Il caparbio pescatore allora volle mostrare a tutti una prova, e condusse la gente presso la sua imbarcazione. Su questa vi erano ancora i rami con i quali le streghe avevano picchiato a sangue il povero ragazzo. Spaventati, gli abitanti di Meta, non potettero far altro che credere al povero Franco, che da allora fu soprannominato “Ciccio o stuort” e ancor più presero a circolare storie di fantasmi a Napoli.