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Gas e grano, la verità sulle sanzioni alla Russia: le reali conseguenze per l’Italia

Le vere conseguenze delle sanzioni per l'Italia. Materie prime ed energia, chi ci rimette di più? La strategia del Governo

Il tema delle sanzioni. Un argomento che ha diviso l’opinione pubblica. Una strategia quella dell’Occidente per stremare la già debole economia russa ma che potrebbe causare una crisi anche per i paesi europei. Soprattutto in merito alla questione energetica e all’importazione di materie prime anche nel settore alimentare.

Le vere conseguenze delle sanzioni per l’Italia

In merito è stato davvero molto interessante leggere il post pubblicato su Facebook da Massimo Fontana. Quest’ultimo attraverso fonti verificate ha analizzato e dimostrato il peso e le conseguenze che tali provvedimenti economico-finanziari avranno per l’Italia in ottica europea.

Lo scenario

In realtà i meccanismi sono almeno tre. Il primo è molto semplice ed è tutto interno a noi: con le sanzioni il commercio verso la Russia viene di fatto bloccato, impedendo così ad alcune aziende nazionali di esportare beni nel paese interessato. La particolarità di questo primo meccanismo è che è quello più immediato e di breve periodo. Più il tempo passa infatti e più le aziende italiane cercheranno altri clienti per i loro prodotti, sostituendo così la minore domanda russa. Il secondo è sempre focalizzato sugli effetti nell’export, ma è di più lungo periodo e riguarda la diminuzione delle esportazioni verso il paese sanzionato anche dei beni eventualmente non soggetti ad embargo a causa della diminuzione della domanda interna per colpa della recessione economica che sta colpendo il paese proprio per le sanzioni occidentali.

Il terzo meccanismo è invece indiretto ed è il frutto della diminuzione della domanda non della Russia, ma di tutti gli altri paesi con i quali commerciamo e che potrebbero avere difficoltà economiche maggiori delle nostre a causa degli stessi meccanismi esaminati in precedenza. Se queste difficoltà porteranno i paesi in recessione, anche la loro domanda di nostri prodotti potrebbe diminuire. Innanzitutto le nostre esportazioni con il resto del mondo nel 2021 sono state pari complessivamente a 516 miliardi di euro, ovvero poco meno del 30% del pil.

I principali mercati verso i quali abbiamo esportato sono stati, in ordine di importanza:
1) Germania con 66 miliardi di euro
2) Francia con 52 miliardi di euro
3) Stati Uniti con 49 miliardi di euro

E la Russia? Il paese di Putin nel 2021 si trovava al 14° posto con un valore delle nostre esportazioni pari a 7,7 miliardi di euro, ovvero l’1,5% del totale e poco meno dello 0,5% del nostro pil. Da questi dati emergono due punti fondamentali:

– La Russia dal punto di vista prettamente commerciale è insignificante per la nostra economia, sia nel bene che nel male. Anche l’intera esportazione italiana verso la Russia venisse azzerata, con una incidenza sul pil dello 0,3-0,4%, l’effetto sarebbe minimale se non inesistente.
– I nostri principali mercati sono quelli europei ed americani. Quindi se questi venissero meno o avessero problemi, per noi ci sarebbero effettivamente dei problemi. È chiaro che bisogna allora guardare agli effetti previsti per questi paesi dalle sanzioni. Ora, per gli Usa la cosa è abbastanza facile.

La quota di interscambio con la Russia, anche di gas e petrolio, è veramente piccola e quindi eventuali effetti negativi sarebbero molto limitati. Non a caso il pil americano sta crescendo a ritmi esagerati, pari al 7% annualizzato. E nel caso americano il problema è proprio questo: il tasso di crescita, spinto dal sostegno ben oltre il necessario della domanda nominale con l’uso di massicci deficit pubblici e allentamenti monetari, ha portato l’inflazione a livelli troppo elevati. Questo comporterà sicuramente una stretta monetaria da parte della banca centrale, che avrà come effetto voluto un raffreddamento dell’attività economica. Il 2023 quindi, per gli Usa, dovrebbe essere un anno di crescita ma più moderata rispetto a quella del 2022. Il punto è che stiamo comunque parlando di crescita, non certo di recessione.

In Europa

E per la Germania? In questo caso le cose sono un pochino più complicate. Non tanto per gli effetti del mancato export, ma per una seconda componente, presente anche nel caso italiano e che rappresenta la seconda parte di questa analisi, ovvero l’import. Sia la Germania che l’Italia importano beni primari dalla Russia e questi beni sono necessari per la nostra attività manifatturiera. In primis il gas. Torniamo allora nel nostro paese e guardiamo quanto e cosa importiamo dalla Russia. Il valore complessivo nel 2021 è stato di 13,9 miliardi di euro.

E cosa importiamo ? Di gran lunga la parte preponderante sono i prodotti minerari, con in second’ordine beni metallurgici e in terzo grado, ma già a valori assoluti molto piccoli (1,4 miliardi di euro), coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio. Dopo queste prime tre voci, tutte le altre importazioni sono beni per un valore di qualche centinaio o perfino decina di milioni di euro. Poca cosa quindi e sicuramente nulla a che vedere con i toni semi-apocalittici raccontati dai nostri giornali, che non perdono mai l’occasione di amplificare la propaganda della dittatura russa. Alla fine quindi, tutto il problema si concentra sul gas e questa è di fatto la vera incognita per la nostra crescita e per quella della Germania.

Intanto il dato che i giornali riportano della percentuale di gas russo che importiamo, ovvero circa il 40%, è sbagliato. Ed è sbagliato di molto: in realtà l’Italia aveva iniziato già a gennaio di quest’anno non solo a diminuire fortemente il gas russo importato, ma a sostituirlo con importazioni da altri paesi. Questa opera di sostituzione è continuata anche a febbraio, portando la percentuale di gas russo importato dall’Italia sul totale, al 20%, ovvero la metà di quanto riportano i media italiani. Chi sta sostituendo il gas russo? Al momento il grosso arriva dall’Algeria. Ma sappiamo che con i nuovi contratti firmati in questo ultimo mese, dovrebbero aumentare anche le importazioni da altri paesi, quali Libia, Qatar, Azerbajan, Congo, etc.

Il risultato quindi è che l’Italia dovrebbe abbastanza rapidamente ed agevolmente riuscire a ridurre la dipendenza dal gas russo, se non totalmente, almeno fino al 10% del totale.
Con una variabile chiave da non dimenticare: tutto questo senza ridurre di un metro cubo il gas consumato, che è rimasto costante fino ad oggi. Tornando a noi e riassumendo.
Gli effetti negativi per l’occidente delle sanzioni alla Russia, sono variegate ed essenzialmente legate alla composizione economica interna di ogni paese e al suo livello di dipendenza verso la Russia. Per gli Usa, ma anche per l’Uk, effetti negativi non ce ne sono ne nel breve ne nel lungo periodo.

Anzi, per gli Usa come visto sopra il problema è la troppa crescita, che dovrà essere moderata l’anno prossimo. Per l’Italia l’effetto è più grande ma molto contenuto dal punto di vista commerciale. Lo stesso per gli altri paesi dell’europa occidentale. Il vero problema è la fornitura di gas, e solo di gas, visto che le importazioni di petrolio e altri beni minerari, sono percentualmente minori rispetto a questo particolare bene. Ma anche in questo caso per l’Italia non sembrano prospettarsi problemi catastrofici e non a caso il premier Draghi, dopo aver ri-fatto per bene i conti, non ha escluso a priori l’ipotesi estrema del taglio completo delle forniture russe, contemporaneamente rivedendo le stime di crescita del pil, che seppure fortemente inferiori a quelle ipotizzate a inizio anno, rimangono ancora in terreno positivo per il 2022, con un tasso di crescita previsto di circa il 3%, frutto di un rallentamento in questa parte dell’anno, ma di un buon inizio e fine 2022.

Ovviamente nel caso di interruzione istantanea e totale delle forniture di gas russo, l’impatto sarebbe maggiore e tale da mandarci in recessione per uno o due trimestri, ma non curiosamente non ancora ad un livello tale da far chiudere l’intero anno in rosso. Il vero problema alla fine di tutto rimane un solo paese, ovvero quello che stavamo esaminando e che abbiamo lasciato in sospeso: la Germania. La Germania a quanto pare era legata mani e piedi alla Russia e molto più di noi. Per lei l’impatto potrebbe essere realmente importante, anche se ovviamente nemmeno lontanamente paragonabile al livello della catastrofe economica russa. Il risultato finale e nel caso più estremo, ovvero quello del blocco immediato di gas e petrolio russo, sarebbe una caduta in recessione con tanto di razionamento energetico. Le previsioni ipotizzano un -3% in questo scenario estremo, mentre per ora, sic stantibus rebus, si stima una crescita per il 2022 attorno al 2% e in accelerazione per l’anno prossimo.

Le conclusioni

Morale della favola di tutto questo? In realtà è doppio:

1) Mai legarsi per le proprie importazioni più importanti ad un solo fornitore, soprattutto se questo è un dittatore sanguinario con le manie di potenza
2) Chiudere le proprie centrali nucleari nel bel mezzo di una crisi energetica non solo non è lungimirante, ma è chiaro segno di delirio ideologico, in questo caso ecologista.

E la vera conclusione è proprio questa: le ideologie, di qualsiasi natura esse siano, non so se sono morte o se sono vive. Una cosa è certa: fanno comunque solo danno.

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