Nino D’Angelo è stato celebrato dall’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli in occasione della presentazione del suo nuovo progetto “Il poeta che non sa parlare” (libro, disco e tour). Lo scugnizzo di San Pietro a Patierno in cattedra non ha nascosto la sua emozione e l’orgoglio. “Non so se merito di essere ‘studiato’, ma questa scelta accademica mi inorgoglisce molto e premia 45 anni di duro lavoro e soprattutto la mia evoluzione culturale degli ultimi 20 anni”.
Per l’ex Caschetto d’oro (“ricorderò sempre quegli anni con grande affetto e non rinnegherò mai quella prima stagione della mia carriera in cui ho fatto riscoprire al grande pubblico la musica napoletana d’amore”) la svolta c’è stata nel 1998 con il David di Donatello come miglior musicista e il Nastro d’argento per la miglior musica con la colonna sonora del film di Roberta Torre “Tano da morire”. In quel momento, come ha raccontato Nino D’Angelo agli studenti dell’aula magna del Suor Orsola, “ho capito che potevo fare di più, volare più alto anche a livello culturale”.
Nino D’Angelo il poeta che non sa cantare ma insegna la vita
Proprio di quegli anni Nino D’Angelo ricorda i momenti più belli, che l’hanno reso celebre e che gli hanno permesso poi di poter parlare al pubblico delle sue canzoni in maniera più approfondita, di trattare tematiche sociali come l’emarginazione delle periferie, la guerra e la disuguaglianza che, come dice il maestro: “Fa schifo”. “Dobbiamo recuperare la parola uguaglianza e unità perché non è giusto che chi nasce ricco resta ricco e chi povero resta povero. Poi dobbiamo recuperare anche il senso di comunità che prima era una ricchezza. Oggi non stiamo più insieme, non parliamo più. Finché non ci mettiamo in testa che dobbiamo aiutarci l’uno con l’altro, che abbiamo le coscienze morte e ci dobbiamo svegliare il mondo non va avanti“. Oggi per Nino vale l’istruzione, un modo per potersi riscattare. E’ importante studiare, fare esperienze, è importante ascoltare chi sa non solo di cultura, ma di sapere vero, di strada.
In merito alla querelle sulla canzone neomelodica Nino D’Angelo non rinnega le proprie origini, ma ci tiene a precisare che il termine è stato coniato quando lui già non era più neomelodico, cantava al teatro San Carlo, scriveva Senza Giacca e Cravatta. Insomma l’ex Caschetto biondo non vuole togliere il caschetto, ma vuole solo portare a tutti la sua evoluzione: il suo trasformare il testo in poesia, in parole difficili da comprendere e che rendono perfettamente solo nella sua lingua: il napoletano. Queste le sue parole:
“Io sono stato Nino D’Angelo con il Caschetto che stimo tantissimo per quello che ha fatto. Negli anni ’80 ha fatto la rivoluzione della musica napoletana che all’epoca insegnava la delinquenza e io ho solo riportato l’amore nella canzone napoletana. Invece non hanno fatto altro che parlare male. Quello sta sempre dentro di me. Io ai concerti quando faccio il medley con le canzoni degli anni ’80 sono contento. Questa è la vittoria di tutti quelli che nascono per non farcela non solo mia”.
Una lezione, quella di Nino D’Angelo, che vale tanto e che non ha nulla da invidiare a chi di lezioni ne fa ogni giorno, ai grandi relatori. La vita, oltre quello che studiamo, è quello che ci accade ogni giorno. Nino lo sa, lo dice con forza e lo fa dire nelle sue canzoni al “Poeta che non sa parlare”. Poeta e filosofo, Nino dispensa anche pillole di saggezza sulla felicità: “Ho avuto la ricchezza della povertà. Sapete perché siamo tutti depressi? Perché non desideriamo più. Quella cosa che puoi comprare ogni tanto, come la bicicletta quando ero piccolo e mio padre non poteva comprarla, è un dono, ti permette di arrivare subito alla felicità”. Ricordiamo che il maestro ha sofferto di depressione in passato e ne è uscito proprio grazie alla sua amata musica.
Tra qualche giorno Nino D’Angelo presenterà a Torino il suo nuovo libro, ma precisa: “Io amo il popolo, amo gli ultimi. Conosco le persone che hanno studiato. I veri colti non ti mettono mai in difficoltà e le persone intelligenti spesso non sono quelle colte. Io ho fatto venire per la prima volta la gente al teatro San Carlo, ma loro vogliono che la gente rimanga ignorante. La politica vuole l’ignoranza e io oggi lo posso dire perché adesso lo so”.