“Tuttavia, quando indichiamo il momento più felice della nostra vita, siamo anche consapevoli che si tratta di un passato remoto che non tornerà mai più, e questo provoca in noi un grande dolore. L’unica cosa che rende questo dolore sopportabile è possedere un oggetto, retaggio di quell’attimo prezioso. Gli oggetti che sopravvivono a quei momenti felici conservano i ricordi, i colori, l’odore e l’impressione di quegli attimi con maggior fedeltà di quanto facciano le persone che si procurano quella felicità“. Orhan Pamuk, Il Museo dell’Innocenza
“A me piace dare vita alle cose che non ne hanno più e mi piace ricontestualizzarle e dare loro una vita diversa. Questa rielaborazione del ricordo, mi interessa“, Piero Gemelli le ha scelte come mantra per il percorso della sua mostra appena inaugurata fino al 10 novembre.
Architetto e fotografo, dunque doppio sguardo da maestro. Era il 1983, poco più che ventenne, quando Vogue” gli chiese per la prima volta di realizzare una fotografia a piena pagina di un rossetto all’interno di un servizio di Gian Paolo Barbieri, famoso fotografo di moda. Fu il suo punto di partenza di future collaborazioni da New York , Parigi, a Londra, per le altre edizioni internazionali del gruppo Condè Nast, per clienti quali Estée Lauder, Gucci, Tiffany, Ferrè.
Adesso il Lato B di Roberto Bolle diventa puro still life. Disegnare per Gemelli vuol dire imprimere su un supporto reale un’idea che sarà la base per la fotografia che scatterò. La scultura, al contrario, è il prodotto tridimensionale che collega un’immagine alla sua intenzione espressiva.
“A volte nelle immagini sono presenti sculture e disegni, generando così sinergia e dialogo tra le diverse espressioni artistiche. Le mie opere fotografiche, grafiche o scultoree, non sono quindi semplice emulazione, non mi fermo a rappresentare pedissequamente la realtà, né mi interessa imitarla, ma voglio crearla di nuovo”. Da vedere assolutamente.
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