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La faida dei cugini: fratello dei boss “tradito” da un suo fedelissimo. Due omicidi da ricostruire

Vengono pian piano messi al proprio posto i tasselli della faida di Pianura, quella che ha visto protagonisti dal 2013 fino al 2016 (anche se negli ultimi tempi si sono verificati altri episodi) i clan Pesce-Marfella da una parte e Mele-Romano dall’altra.

Dopo il maxi blitz del marzo 2017 e gli arresti successivi, entrambe le organizzazioni camorristiche sono state debellate e colpite, nei mesi successivi, dall’inizio della collaborazione con la giustizia di alcuni elementi apicali che con le loro dichiarazioni stanno ricostruendo pian piano le tappe di una faida che provocò quattro omicidi (due dei quali, Raffaele Pisa e Luigi Mele, ancora irrisolti) e numerosi raid intimidatori e agguati mancati.

Decisive le parole dell’ex ras Salvatore Romano, detto muoll muoll, arrestato da oltre due anni. Alleato dei fratelli Mele, Romano ha raccontato agli investigatori della DDA di Napoli e della Squadra Mobile partenopea, mandanti ed esecutori materiali del tentato omicidio di Giovanni Bellofiore, avvenuto il 19 giugno 2016 a Pianura.

Stando alla ricostruzione di Romano e di un suo fedelissimo, Pasquale Esposito jr, anche lui passato dalla parte dello Stato, a partecipare all’agguato in qualità di mandante fu anche Vincenzo Mele, destinatario questa mattina di una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. Mele, 41 anni, fratello di Giuseppe e Salvatore (detenuti da anni e cugini-nemici dei Pesce-Marfella) era già stato arrestato lo scorso ottobre 2018.

In particolare, le indagini hanno consentito di accertare che Vincenzo Mele, quale reggente del clan, decretava l’omicidio di Bellofiore poiché appartenente all’avversa organizzazione camorristica fondata dal capostipite Giuseppe Marfella, in modo da conclamare la supremazia del clan MELE sul sodalizio camorristico dei Pesce-Marfella, attraverso l’ennesima dimostrazione di forza militare e di ferocia.

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In tale complesso probatorio, il giudice della cautela prendeva in esame anche i ruoli degli altri compartecipi come Salvatore Romano, autore materiale degli spari esplosi contro la vittima; Pasquale Esposito Junior, anch’egli oggi collaboratore di giustizia, quale componente del gruppo di fuoco, in particolare accompagnando Romano sul luogo dell’esecuzione a bordo di un’autovettura provento di rapina.

L’AGGUATO – L’agguato avvenne nel pomeriggio del 19 giugno nei pressi dell’abitazione di Bellofiore in via Brancaccio, traversa di via comunale Napoli. Romano esplose sei colpi d’arma da fuoco, quattro dei quali raggiunsero Bellofiore. Trasportato al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, venne operato d’urgenza e le sue condizioni non furono ritenute gravi dai medici.

Nelle settimane successive all’agguato fallito, i Pesce-Marfella provarono a colpire più volte Romano. Diversi i raid nei pressi dell’abitazione dell’ex ras. Il primo settembre venne disinnescata una bomba in via Grottole 5, all’interno del parco dove abitava Romano e la sua famiglia. Il 10 dicembre successivo, sempre presso la sua abitazione, vennero esplosi una decina di colpi d’arma da fuoco.

Romano ed Esposito furono poi arrestati nel febbraio 2017 dopo essere stati sorpresi dai carabinieri, insieme ad altri due affiliati del clan, in un terreno di Quarto dove si erano recati per recuperare alcune armi che avevano sotterrato.

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In altro a destra Raffaele Pisa e Luigi Mele i cui killer e mandati sono ancora senza nomi. Sotto a sinistra: Giovanni Bellofiore, Salvatore Romano, Pasquale Esposito