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Luigi Giuliano è con Antonio Piccirillo: “Contro la camorra impegno quotidiano, non venga isolato come mio padre Nunzio”

Mio padre per venti anni è andato in giro a raccontare il male della camorra ma nessuno ha mai valorizzato quello che diceva. E’ stato sempre visto con diffidenza per quel cognome pesante che portava“. A parlare è Luigi Giuliano, 47 anni,  ex collaboratore di giustizia che oggi vive in una località nel centro-nord Italia.

Non è la prima volta che ricorda l’indifferenza con la quale è stata sempre vista la figura di suo padre, Nunzio Giuliano, primogenito di Pio Vittorio, il re del contrabbando a Forcella, e fratello di coloro che per oltre un trentennio hanno dettato legge nel centro di Napoli facendo dello spaccio di droga, delle estorsioni, del gioco d’azzardo e del toto nero le loro attività illecite principali.

Il percorso di Nunzio, nato nel 1948 e morto ammazzato la sera del 21 marzo 2005 in via Tasso (ad oggi non si conoscono mandanti e autori materiali, ndr), non è stato come quello dei sui cinque fratelli Luigi, Guglielmo, Carmine, Raffaele e Salvatore. Lo abbiamo raccontato in diversi articoli pubblicati nel recente passato.

La sua figura oggi è più attuale che mai. Dopo l’agguato avvenuto venerdì 3 maggio all’esterno di un bar di Piazza Nazionale, che ha portato al grave ferimento della piccola Noemi, abbiamo assistito domenica a una manifestazione contro la criminalità che ha visto scendere in piazza circa 400 persone. Tra queste, ad attirare l’attenzione, è stato Antonio Piccirillo, 23 anni, figlio di  Rosario ‘o biondo, uno degli storici capi della Torretta (quartiere Chiaia) in carcere da anni.

Antonio si è dissociato dalla camorra, ha urlato alle telecamere che i “camorristi fanno una vita di merda, da cane, quelle che meritano” e che i loro genitori “non servono a nulla“. Parole forti che hanno avuto grosso risalto mediatico. Abbiamo chiesto a Luigi Giuliano un parere su tutta questa vicenda.

Luigi cosa accomuna tuo padre a questo giovane ragazzo?
La voglia di ribellarsi a un sistema, come quello camorristico, che hanno vissuto entrambi seppure in situazioni e ruoli diversi.

Perché la figura di Nunzio Giuliano non ha mai convinto i paladini dell’Anticamorra?
Spesso ci sono dinamiche strane che non sempre hanno una spiegazione plausibile. Chi scende in strada a manifestare contro la camorra non sempre la combatte con azioni concrete.

Cosa vuoi dire?
Che non si può vivere solo di cortei e fiaccolate. E’ una battaglia quotidiana quella che bisogna affrontare, occorre essere sempre presenti sui territori a rischio, non solo quando c’è un agguato o un morto da piangere. Solo così lo Stato può vincere.

Oggi l’attivismo di tuo padre come sarebbe visto?
Quello che lui diceva venti anni fa e più attuale che mai. Andava nelle scuole, in televisione, scriveva. Per anni ha spiegato l’importanza della cultura, dell’istruzione, della musica, perché era contro i neomelodici, uniche armi per contrastare la criminalità organizzata e il degrado in cui faceva sprofondare.

Perché viene ricordato così poco?
Non devi chiederlo a me questo. Lui ha avuto coraggio, ha abbandonato Forcella agli inizi degli anni ’80 trasferendosi a Chiaia con mia madre, me e mio fratello Pio Vittorio, morto dopo qualche anno per overdose. Ci costringeva ad andare a scuola e a fare i compiti. Noi eravamo abituati a tutt’altro. Fu arrestato in un maxi blitz contro il clan Giuliano e per noi fu una liberazione. Dopo tre anni di carcere iniziò, anche in seguito alla morte di mio fratello, la sua battaglia contro la droga e la camorra in generale. Venne isolato, visto sempre con diffidenza. Eppure ha avuto ragione lui. Almeno questo oggi non può essere negato.

Cosa ti senti di dire ad Antonio Piccirillo?
Apprezzo le sue parole, la sua voglia di normalità. Ora è nell’occhio del ciclone, lo chiamano tutti, lo intervistano. E’ diventato in pochi giorni il simbolo dell’anticamorra. Poi il tempo passa e spesso queste persone vengono lasciate sole come mio padre. Quindi il mio consiglio è quello di contare sempre e solo sulle proprie forze.

Da Annalisa Durante, uccisa in un agguato nel 2004, alle piccola Noemi, che da giorni lotta per non morire. Se prendiamo solo in considerazione gli ultimi 15 anni, non è cambiato nulla?
Io non vivo più a Napoli ma da quello che leggo e ogni volta che ci ritorno mi rendo conto che i proclami e le belle iniziative non sono poi seguiti da fatti. Ci sono persone che le vedi solo in piazza.

Puoi fare qualche nome?
Basta vedere le foto e confrontarle con il passato. I nomi, per ora, preferisco non farli.

INTERVISTA A LUIGI GIULIANO – PARTE PRIMA

INTERVISTA A LUIGI GIULIANO – PARTE SECONDA