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Omicidio Formicola, il Pm ha chiesto l’ergastolo per D’Aponte

La donna è stata uccisa dal marito, Carmine D'Aponte, nell'ottobre del 2016 a Sant'Antimo. La sentenza ci sarà il prossimo 18 gennaio

Carabinieri avevano trovato il suo corpo alle prime luci dell’alba il 19 ottobre dello scorso anno. Il cadavere senza vita di Stefania Formicola era nell’auto del marito Carmine D’Aponte. A chiamare i militari lui stesso dopo averle sparato all’addome proprio all’interno della sua vettura. Un delitto passionale, dettato dal non aver accettato la fine del rapporto.

Alla fine del processo iniziato a settembre con un’udienza preliminare e svoltosi con il rito abbreviato, il Pm ha chiesto l’ergastolo per D’Aponte. A costituirsi come parte offesa anche i genitori, la sorella e i figli minori della Formicola. A difenderli gli avvocati Raffaele ChiummarielloLibera CerinoAnna Pedata. Il prossimo 18 gennaio è attesa la sentenza.

Dopo l’arresto D’Aponte, rispondendo al GIP (Giudice per le indagini preliminari) Fabrizio Finamore, aveva dichiarato: “La pistola l’ho rubata nel garage di mio suocero, così come le munizioni che avevo in tasca. Quindici giorni fa mio suocero ha provato a uccidermi, per questo avevo paura. Mio suocero mi stava ammazzando in cucina, a casa sua, alla presenza del maggiore dei miei figli: se sono vivo, lo devo a Stefania: spostò la mano del padre all’ultimo momento e il proiettile uscì dalla finestra. Quella mattina avevamo fatto anche pace i e lei, le avevo regalato un peluche, non c’è stata nessuna lite“. Dunque il 33enne imputato per omicidio aveva rivelato questo retroscena. Per questo il suo avvocato ha strutturato la sua linea difensiva sull’omicidio colposo. Carmine avrebbe sparato per sbaglio.

Stefania Formicola aveva 28 anni quando è avvenuta la tragedia. Da tempo viveva con i genitori e più volte aveva denunciato le violenze subite dal marito 33enne e originario di Lusciano, già noto alle forze dell’ordine per alcuni precedenti per furto. D’Aponte prima di sparare contro la moglie aveva avuto, appunto, un violento litigio anche con il suocero.

Non ha voluto accettare la fine del matrimonio e il fatto che sua moglie aveva deciso di non voler più vivere con lui. Così le aveva chiesto un incontro, Stefania ha accettato. Carmine è andata a prenderla a San Marcellino nel casertano a casa dei suoceri. Poi hanno percorso pochi chilometri in auto fino ad arrivare in via Plutonio a Sant’Antimo. Li è avvenuto l’ennesimo e purtroppo anche ultimo litigio. La violenta discussione si è conclusa con un colpo d’arma da fuoco esploso dalla pistola di D’Aponte e che ha colpito, uccidendola, la giovane Formicola.

La tragedia era addirittura annunciata, con una lettera scritta dalla vittima il 28 aprile del 2013 e mostrata dalla madre durante un’intervista: “Alla mia morte, qualunque ne sia la causa, mio figlio deve essere affidato a mia madre e mio padre e in caso di loro morte a mia sorella Fabiana“. Un pensiero rivolto, all’epoca, al suo unico figlio. Infatti, StefaniaCarmine hanno poi avuto un altro bambino. Ed per la loro patria potestà che l’avvocato Chiummariello e il collega civilista Nino Longobardi si sono battuti al fianco della famiglia Esposito/Formicola. Il Tribunale dei minori aveva affidato i bambini agli assistenti sociali ma i nonni hanno fatto ricorso per vederli tornare di nuovo a casa con loro. L’esito è stato positivo, infatti “il Tribunale ha già emesso il provvedimento di decadenza della responsabilità genitoriale (quello che è normalmente definito come patria potestà) ed ha affidato definitivamente ai nonni, miei assistiti, i due nipoti, orfani di mamma. Il Tribunale per i minorenni ha addirittura, su mia richiesta, vietato anche contatti tra i minori e la famiglia del padre“, ha dichiarato l’avvocato Longobardi.

Omicidio Formicola, il Pm ha chiesto l'ergastolo per D'Aponte
La lettera scritta da Stefania Formicola