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A Napoli comandano i Mallardo e l’Alleanza. Il boss umilia il nipote: “Ettoruccio lo tolgo quando voglio”

Il clan e il business pulito in Toscana: sequestrate società e conti per 50 milioni

Sono considerati i padroni di Napoli nonostante il loro predominio illegale sul territorio parta da Giugliano, il primo comune in Italia per popolazione tra i non capoluoghi di provincia. La storia del clan Mallardo va avanti ormai da decenni e nonostante le operazioni continue dell’Antimafia e delle forze dell’ordine, la piovra capitanata da Francesco Mallardo, 63 anni, alias Ciccio ‘e Carlantonio continua a far valere la propria forza intimidatoria su Napoli e i comuni a nord, grazie alla famigerata Alleanza di Secondigliano.

Da sinistra: Ettore Bosti, Anna Aieta, Maria Licciardi e Francesco Mallardo

L’ALLEANZA REGNA – I Mallardo con i Contini del Vasto e i Licciardi della Masseria Cardone a Secondigliano hanno dato vita a un sodalizio senza eguali negli ultimi decenni di camorra napoletana, tanto da essere considerato dagli investigatori il cartello senza la cui autorizzazione è difficile portare a compimento anche i più piccoli affari illeciti. Cartello all’interno del quale, secondo l’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), relativa al secondo semestre del 2016 e pubblicata nel luglio del 2017,  “un ruolo preminente è stato riconosciuto dagli altri sodalizi federati al gruppo Mallardo“. “La specificità dell’Alleanza di Secondigliano – spiega la Dia –  sta  nella compartecipazione occulta in società di varia tipologia e nelle capacità di queste nell’assumere un ruolo di preminenza in diversi mercati”, secondo un modus operandi che ha consentito a quell’aggregazione criminale di accumulare milioni di euro, parte dei quali oggetto di sequestro nell’ambito della citata operazione”.

20 PERSONE COINVOLTE – Alleanza colpita nell’ultimo anno da numerose operazioni contro il gruppo Mallardo-Contini (i Licciardi da sempre mantengono un profilo più basso). L’ultima in ordine di tempo è stata eseguita nelle prime ore del mattino di martedì 7 novembre dalla Squadra Mobile di Napoli e Firenze e dagli operatori del Servizio Centrale Operativo (SCO) della polizia. Sono 20 le misure cautelari (tra arresti in carcere, ai domiciliari, obbligo di firma e indagati), emesse dal Gip presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti persone responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, della violazione della normativa sulle armi, di riciclaggio e di intestazione fittizia di beni.

IL BUSINESS PULITO – L’operazione ha visto interessate le città di Napoli, il comune di Giugliano in Campania (Napoli) e altri comuni in provincia di Firenze e Arezzo. Tra i destinatari della misura il capo clan Francesco Mallardo, già arrestato nel novembre del 2015 e attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera, e suo cognato, Antimo Liccardo, dipendente del Comune di Giugliano in Campania. Indagato a piede libero anche il consigliere comunale Paolo Liccardo, nipote Antimo Liccardo. Sottoposte a sequestro preventivo 59 immobili e 9 società per un valore stimato intorno 50 milioni di euro.

IL BATTESIMO DEL PROCURATORE – Nella prima conferenza stampa tenuta all’ottavo piano della Procura di Napoli dal neo procuratore Giovanni Melillo, dall’aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) Giuseppe Borrelli e dal dirigente dello SCO Alessandro Giuliano, presenti anche i primi dirigenti di Napoli (Luigi Rinella) e Firenze, è stato rimarcato il ruolo predominante svolto dal clan Mallardo nella gestione degli affari illeciti nella città di Napoli e in diverse regioni italiane (Abruzzo, Lazio, Toscana e Lombardia su tutti).

PENTITI RARI NEL CLAN – Nell’inchiesta, condotta dai pm della Dda partenopea Ilaria Sasso del Verme e Cristina Ribera, non hanno avuto un ruolo decisivo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, considerata “merce rara” in un clan così unito come quello facente capo a Ciccio ‘e Carlantonio. “I pentiti – spiegano gli investigatori – sono pochi e hanno sempre avuto un ruolo marginale all’interno della cosca”. Le indagini sono andate avanti grazie alle indagini patrimoniali e alle intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno captato lo stesso boss di Giugliano nel periodo di detenzione domiciliare a Sulmona in Abruzzo. Francesco Mallardo infatti era uscito dal carcere tra il 2014 e il 2015 grazie ad alcuni problemi al cuore rivelatisi poi infondati.  Il boss infatti approfittava delle sue patologie per continuare a dirigere l’organizzazione malavitosa.

LA FARSA IN COMMISSARIATO – Il boss svolgeva una vita normale: guidava senza patente e continuava a fumare, ed era perfettamente consapevole di aver strumentalizzato le patologie da cui è affetto, specie quella al cuore. Approfittava infatti delle visite mediche, in programma anche in altre regioni (Puglia), per incontrare i vertici degli altri clan a Napoli, salvo poi simulare, ogni volta che si recava negli uffici della polizia, condizioni di salute ben diverse da quelle che teneva quotidianamente.

RUOLO A 360 GRADI – Nelle conversazioni intercettate, Mallardo parla esplicitamente di affari del clan, estorsioni, riciclaggi e investimenti puliti, pagamento degli stipendi agli affiliati, competenze territoriali, contrabbando di sigarette, gestione delle agenzie di scommesse, progetti di edilizia residenziale, controllo delle attività economiche nelle zone di competenza del clan (divieto di apertura di negozi senza il benestare dei vertici dell’organizzazione).

LA GESTIONE DEL NIPOTE, ETTORE BOSTI – Difficile anche la gestione di Ettoruccio, figlio di Patrizio Bosti, cognato di Mallardo e di Eduardo Contini grazie al matrimonio con le tre sorelle Aieta. Il carattere burrascoso di Bosti jr ha creato negli anni più di qualche lamentela tra gli affiliati dell’Alleanza, tanto da spingere il super boss a tranquillizzare i suoi adepti: “Ettore Bosti io lo metto e io lo tolgo“.

I NOMI DELLE PERSONE COINVOLTE NELL’INCHIESTA:

Antimo Liccardo, del ’52, di Giugliano (in carcere)
Aliperti Rocco, del ’73, di Napoli
Loredana De Felice, del ’78, di Napoli (ai domiciliari)
Domenico Liccardo, del ’36, di Giugliano
Mario Liccardo, del ’47, di Giugliano
Paolo Liccardo, del ’72, di Villaricca (consigliere comunale, nipote di Antimo Liccardi)
Paolo Liccardo, del ’74, di Giugliano (in carcere, nipote di Antimo Liccardi e cugino di Paolo, classe ’72)
Feliciano Mallardo, del ’60, di Castel Volturno (obbligo di firma)
Mallardo Francesco, del ’54 (in carcere, è già detenuto)
Domenico Martino, del ’63, di Giugliano
Vito Mauriello, del ’66, di Giugliano
Mario Nocentini di Arezzo
Salvatore Penniello di Napoli (ai domiciliari)
Pirozzi Domenico, del ’51, di Giugliano
Michele Quaranta, del ’71, di Arezzo
Marianna Riccardo, del ’46, di Giugliano
Rosa Riccardo, del ’48, di Giugliano

I BENI SEQUESTRATI –  Sono 25 gli immobili sequestrati in Toscana, 9 a Reggello in provincia di Firenze e 16 a Montevarchi nell’Aretino. Secondo quanto emerso dalle indagini, il clan Mallardo avrebbe riciclato il denaro provento di attività illegali anche attraverso due aziende edili con sede a Filigne Valdarno (Firenze), intestate a prestanome.

“NIENTE SPACCIO”: COSI’ E’ NATA LA FAIDA – Uno dei primi atti compiuti da Mallardo – rivela la Procura – era stato quello di vietare agli affiliati di svolgere attività di spaccio di droga nel territorio giuglianese, pena l’adozione di severe provvedimenti. C’è proprio questo alla base della faida con gli Scissionisti delle Palazzine di via Colonne a Giugliano, guidati da Nello Di Biase, figlio del ras Michele Di Biase detto ‘Paparella’, scomparso nel 2015 e probabile vittima di lupara bianca. La sua auto venne ritrovato nella zona del Vasto (gestita dai Contini).