Michele Zagaria, uno dei capi più potenti del clan dei Casalesi, è stato latitante per 16 anni. Per lui una condanna all’ergastolo nel 2008 nel maxiprocesso Spartacus insieme ad altri componenti del clan dei Casalesi. Nel 2010 riceve altre due condanne all’ergastolo. Il 7 dicembre del 2011 Capastorta, soprannome del boss, è stato arrestato dagli uomini della III Sezione della Squadra Mobile di Napoli in un’operazione congiunta con un pool di magistrati della DDA di Napoli. In un bunker a Casapesenna, sotto un’abitazione, è stato trovato uno degli ultimi capi del temuto clan operante nel Casertano, più simile a un affiliato di Cosa Nostra che ad un boss di un gruppo camorristico. Dopo l’arresto di Antonio Iovine, altro esponente di spicco dei Casalesi, avvenuto il 17 novembre 2010 in un covo di Casal di Principe a termine di una latitanza durata 14 anni, Zagaria rimaneva l’ultimo capo del clan ancora in libertà. In via Mascagni, a Casapesenna, luogo d’origine del boss, viene ritrovato l’ultimo bunker del “re del cemento”. Nel libro scritto dal magistrato Catello Maresca e dal giornalista Francesco Neri (L’ultimo bunker) sono riportati i momenti della cattura di Zagaria, le indagini durate ben tre anni e le logiche della criminalità organizzata.
La storia della cattura di Michele Zagaria è protagonista anche della fiction “Sotto Copertura” in onda su Rai Uno; il boss è interpretato dall’attore Alessandro Preziosi. All’interno della serie viene mostrato il bunker nel quale si nascondeva Capastorta, addirittura ci sono scene girate nella villetta degli Inquieto in vico Mascagni dove il capoclan venne catturato nella realtà. Sia la casa che ospitava Zagaria che il bunker sono riprodotti nella fiction nei minimi dettagli in maniera fedele alla realtà. L’originale covo del boss era infatti un’opera di ingegneria d’avanguardia nascosta sotto il pavimento del bagno presente nell’abitazione con un sistema di areazione creato ad hoc. Ben 65mq dotati di ogni comfort 5 mt sotto terra e con monitor collegati a telecamere esterne per controllare l’intera strada. All’interno del covo le passioni di Zagaria: sigarette, film, caffè, libri (tra cui Gomorra di Roberto Saviano), una statuetta di Padre Pio e scatole di orologi preziosi. Reale anche la presenza del sistema di citofoni con i quali il capoclan comunicava all’esterno per gestire gli affari. Anche il consumo massiccio di energia elettrica, necessario per il funzionamento del nascondiglio, diede un forte indizio alle indagini che nel corso di verifiche dell’Enel portarono alla scoperta di un sistema abusivo nascosto da elementi estetici.
Michele Zagaria si trova attualmente al 41 bis nel penitenziario di massima sicurezza di Parma, uno dei più rigidi e rigorosi carceri d’Italia. Insieme a Capastorta ci sono altri elementi di spicco del clan come Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti. L’ex capo dei Casalesi gestiva un giro d’affari pari di circa 30 miliardi di euro, un impero economico che si è tentato di ripulire con le opere di cemento, cercando dunque di riciclare in questo modo il denaro sporco dei traffici di droga, rifiuti e opere e di tutte le attività illegali. Una ricchezza enorme quella dei Casalesi che per molto tempo è rimasta nell’ombra, scarsissima l’attenzione mediatica nei confronti del clan colpevole di aver compiuto, tra gli altri, uno dei crimini più atroci di sempre: avvelenare la propria terra. Durante gli anni ’80 e ’90 il clan dei Casalesi ha sotterrato rifiuti tossici provenienti dalle industrie del Nord in tutta la Campania rendendo tossiche così la provincia di Caserta e quella di Napoli. Secondo le ultime statistiche dell’Istituto Superiore della Sanità effettuate sul territorio dell’agro-aversano, le malattie tumorali in queste zone hanno dei tassi elevati ed aumentano presso le aree rurali dove ci sono spazi più ampi per poter creare discariche abusive. (anche questo tema è trattato nella fiction quando la “figliastra” di Zagaria scopre l’identità dello zio e quello che realmente fa).
FOTO DEL BUNKER MICHELE ZAGARIA (dal blog di Paolo Chiariello):