La detonazione è avvenuta lo scorso agosto in un'auto sotto casa del boss Mario Reale scarcerato da pochi giorni. È tensione nell'area Est di Napoli
Era la notte del 3 agosto, in piena estate, quando di solito sono il caldo e le zanzare a tormentare il sonno di chi prova ad addormentarsi. Invece ad aver turbato i sogni dei napoletani che vivono a San Giovanni a Teduccio è stata un’esplosione. Una forte detonazione che ha sconvolto la notte dei residenti e allarmato le forze dell’ordine chiamate a vigilare su questo quartiere al centro di una dinamica criminale il cui equilibrio è sempre più debole.
Ad essere colpita dalle fiamme è stata un’automobile intestata ad un commerciante della zona incensurato, che ha dichiarato agli investigatori di non aver mai subito minacce o richieste di estorsioni. Quest’uomo è stato semplicemente una vittima di quella che è una guerra di camorra che da anni è combattuta in forme diverse tra il sodalizio Reale–Formicola e il clan Mazzarella. Per fortuna l’accaduto non ha provocato nessun ferito ma solo danni, oltre che alla vettura, allo stabile dinanzi alla quale quest’ultima è stata distrutta.
Una faida che sarebbe riesplosa dopo che alcuni boss di queste organizzazioni criminali sono stati scarcerati. Uno di questi è Mario Aprea che è tornato a vivere nel fortino della sua famiglia in via Pazzigno, guarda caso la strada dove proprio è stato commesso l’attentato. Come riportato da Il Roma, gli inquirenti sono certi che l’episodio ha rappresentato un avvertimento per il capo clan, un modo per raccomandargli di starsene al posto suo nonostante il ritorno in libertà.
Mario Reale ha finito di scontare la sua pena detentiva. A tirare in ballo il ras di San Giovanni è stato il collaboratore di giustizia Mario Fiani che ha confermato la partecipazione di Reale all’agguato che ha causato il ferimento di Varlese zio dei “Gennarella“. In questo caso il boss di via Pazzigno è stato prosciolto dalle accuse e il pentito Fiano non ha partecipato direttamente all’azione di fuoco, di conseguenza si è trattato di affermazioni basate su conversazioni avute con terze persone. Secondo l’autorità giudiziaria il fatto è da inquadrare nello scontro sopraggiunto tra i Reale e il clan D’Amico (omonimi del sodalizio di Ponticelli) alleato con i Mazzarella.