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E’ morto il boss Sebastiano Laudani. Il ritratto del nipote: “Spietato, voleva ammazzare tutti”

E’ morto per cause naturali all’età di 91 anni il boss Sebastiano Laudani, capo dell’omonimo sodalizio criminale di stampo mafioso, detto anche “Mussi di Ficurinia”. Il decesso è avvenuto lo scorso 10 agosto nella propria abitazione, dove stava scontando i domiciliari ottenuti a causa dei gravi problemi di salute che lo affliggevano.

Ex allevatore di capre, Laudani è diventato uno dei capi storici della mafia di Catania. E’ stato condannato per associazione mafiosa, omicidio ed estorsione. Storico alleato del clan Santapaola ha partecipato agli inizi degli anni ’90 alla guerra di mafia contro le cosche dei Cursoti e dei boss Cappello e Pillera che in due anni, nel 1991 e nel 1992, fecero registrare nel Catanese oltre 200 morti ammazzati.

Il Questore di Catania ha adottato il provvedimento di divieto di funerali pubblici per Sebastiano Laudani, avvenuti alle prime luci del mattino, in forma privata, presso la Cappella Cimiteriale, senza corteo o manifestazioni esterne di alcun tipo.

«Ammazzare tutte le persone che sono nemici della mia famiglia: è il chiodo fisso di mio nonno. È folle nel modo più assoluto, non può stare in libertà completamente».

Queste le parole del nipote Giuseppe Laudani, il primo pentito della famiglia, che offre un ritratto decisamente spietato del nonno boss Sebastiano Laudani. È lui ad avere dato il via al clan dei mussi di ficurinia, nome che deriverebbe da una zia del vecchio boss, particolarmente baffuta.

Il boss Laudani è stato detenuto per lungo tempo nel penitenziario di Secondigliano a Napoli dove anche nei colloqui intercettati con i familiari non esitava a dare ordini e disposizioni.

«Mio nonno vuole la guerra a qualsiasi costo, a lui non interessa se noi viviamo, moriamo. Non conosce neanche il bene che ci può essere tra un padre e un figlio, lui mandava i suoi figli piccolissimi a rubare perché gli dovevano portare i soldi a casa e via dicendo. Non si lasci insospettire dall’età – dice al pubblico ministero – ha sempre la stessa testa di quando era ragazzo».