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La vita dei boss al regime del 41 bis, tra “dame di compagnia” e isolamento

L’articolo 41 bis è stato introdotto nell’ordinamento penale italiano nel 1975 attraverso la Legge Gozzini. All’epoca tale provvedimento era previsto solo per chi si rendeva colpevole di reati all’interno delle carceri, come sommosse o aggressioni. In seguito alla strage di Capaci del 1992 (in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone e la sua scorta), fu introdotto dal decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (cosiddetto Decreto antimafia Martelli-Scotti), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, un secondo comma all’articolo che consentiva al Ministro della Giustizia di sospendere per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica le regole di trattamento e gli istituti dell’ordinamento penitenziario nei confronti dei detenuti facenti parti di organizzazioni criminali.

La norma aveva carattere di temporaneità: la sua efficacia era limitata a un periodo di tre anni dall’entrata in vigore della legge di conversione. I suoi effetti sono stati prorogati una prima volta fino al 31 dicembre 1999, una seconda volta fino al 31 dicembre 2000 e una terza volta fino al 31 dicembre 2002. Dopo 10 anni dalla strage di Capaci, il 24 maggio 2002, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge di modifica degli articoli 4-bis e 41-bis che è stato poi approvato dal Parlamento come Legge 23 dicembre 2002, n. 279 Modifica degli articoli 4-bis e 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di trattamento penitenziario. Si è previsto che il provvedimento ministeriale non poteva essere inferiore a un anno e non poteva superare i due e che le proroghe successive potessero essere di solo un anno ciascuna. Il regime di carcere duro venne esteso anche ai condannati per terrorismo ed eversione. La legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) ha cambiato di nuovo i limiti temporali, tuttora in vigore: il provvedimento può durare quattro anni e le proroghe due anni ciascuna.

La vita dei boss al regime del 41 bis, tra "dame di compagnia" e isolamento
Da sinistra, Raffaele Cutolo detto ‘o Prufessore, Paolo Di Lauro detto Ciruzzo ‘o milionario, Francesco Schiavone detto Sandokan

Il 41 bis è un regime restrittivo di carcere duro. Chi vi è condannato è destinato ad un assoluto isolamento ed è privato dei normali rapporti con i propri familiari e soprattutto con l’esterno. Il provvedimento può essere inquadrato come una risposta repressiva dello Stato nei confronti dei camorristi. Negli ultimi anni tale legge è stata al centro di un dibattito relativo ai trattamenti inumani e degradanti all’interno delle carceri, situazione che viola le norme costituzionali sia italiane che internazionali. Un caso recente in questo senso, ha riguardato il super boss della mafia Bernardo Provenzano, ritenuto clinicamente incapace di intendere e di volere, ma è stato lasciato in carcere fino alla sua morte.

Sono tanti i boss di camorra arrestati e condannati al regime del 41 bis. Alcuni principali esponenti dei Casalesi, tra cui Francesco Sandokan SchiavoneRaffale Cutolo che aveva scatenato la guerra in città con la sua NCO (Nuova Camorra Organizzata); Paolo Di LauroCesare PaganoRaffaele Amato protagonisti della faida di SecondiglianoFrancesco ‘Ciccio MallardoEduardo ‘o Romano Contini dell’alleanza di Secondigliano. Si salvano tanti altri capi clan storici come ad esempio i Mariano dei Quartieri Spagnoli perché diventati collaboratori di giustizia. In totale al 41 bis ci sono 728 detenuti divisi per gruppi di socialità di 4 persone: di solito il boss di turno e le sue “dame di compagnia”, personaggi criminali di spessore più basso rispetto al capo.

La vita dei boss al regime del 41 bis, tra "dame di compagnia" e isolamento
A sinistra Francesco ‘Ciccio Mallardo, a destra Eduardo ‘o Romano Contini

Di conseguenza molti dei boss non vivono un regime di isolamento totale, anche se ultimamente ha preso corpo una nuova strategia da parte dei criminali. Infatti i capi delle organizzazioni vogliono stare da soli e non in compagnia. Ad esempio si dice che Paolo Di Lauro non fa neanche i colloqui con i familiari o che Raffaele Cutolo ami rispondere a tutte le lettere degli “ammiratori” che gli scrivono in carcere. Secondo gli inquirenti nuovo comportamento, spinto ad un isolamento lungo qualche anno, potrebbe poi indurre il detenuto a far ricorso al tribunale di Sorveglianza per non essere più sottoposto al 41 bis.