Voce di Napoli | Navigazione

In Iran hanno vinto i riformatori, ma l’asse Washington – Ryad è più forte che mai

Sono andati a votare 41,2 milioni di cittadini iraniani, più del 70% della popolazione. Un dato che esprime una delle affluenze più elevate per un’elezione del Presidente della Repubblica Islamica. Ad uscirne nettamente vincitore è stato Hassan Rouhani che ha incassato 23,5 milioni di voti ottenendo il 53,3% delle preferenze. l’Iran ha scelto di proseguire sulla strada del riformismo e dell’apertura verso il mondo occidentale, allontanando per ora, i falchi conservatori. Ma la sfida è adesso rimandata all’elezione della prossima Guida Suprema, meglio conosciuta come il Grande Ayatollah.

L’Iran è disponibile a rafforzare e ad ampliare i legami internazionali in tutti i campi. La nazione iraniana per la massiccia partecipazione alle elezioni presidenziali ed ora la Repubblica islamica è pronta a difendere gli interessi del Paese nell’interazione con il mondo. Vogliamo ampliare la cooperazione con il mondo perché il mondo capisce pienamente che l’Iran è ora in cammino con la comunità internazionale per promuovere la pace e l’amicizia. Bisogna sapere che l’Iran non accetterà umiliazioni in nessuna circostanza. Questo è il messaggio più importante che il popolo iraniano spera sia compreso pienamente dalle Grandi potenze“, ha dichiarato Rouhani.

In Iran hanno vinto i riformatori, ma l'asse Washington - Ryad è più forte che mai
Da sinistra, il Presidente dell’Iran Hassan Rouhani, il Presidente Usa Donald Tramp, il Re Saudita Salman Al Saud

Tutto ciò è accaduto proprio negli stessi giorni in cui il nuovo presidente degli Stati Uniti è volato per la sua prima visita ufficiale in Medio Oriente. Il primo paese in cui Donald Trump è atterrato è stato l’Arabia SauditaThe Donald ha chiuso con Re Salman un grosso affare che permetterà agli Usa di incassare centinaia di milioni di dollari in cambio di una lauta fornitura di armi in favore dei sauditi. I due leader hanno parlato di lotta al terrorismo (soprattutto all’Isis finanziato però proprio dagli sceicchi di Ryad) e di isolare l’Iran. “Vivete come volete ma combattete Daesh e i terroristi“, con questa frase Trump ha messo fine al decennale principio americano di “esportazione della democrazia“.

Piccola premessa: l’Arabia Saudita e l’Iran sono acerrimi nemici. La loro rivalità è storica ed è basata sulla contrapposizione religiosa intrinseca all’Islam, quella tra sunniti sciiti. I due filoni si contendono l’eredità del profeta Maometto. I sauditi sono i principali cultori e seguaci del culto sunnita, mentre gli iraniani lo sono per quello sciita. Quest’ultimo rappresenta una minoranza all’interno del mondo musulmano. Sono governati da autorità sunnite i Paesi del Golfo (oltre all’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, l’Oman – in cui esiste una convivenza pacifica delle diverse etnie religiose -, il Bahrein – in cui la maggioranza della popolazione è però sciita, il Qatar, lo Yemen che si trova in piena guerra civile dove i ribelli sciiti combattono il governo sunnita), l’Egitto e la Turchia (che però è un paese che non ha origini arabe). I paesi che invece sono governati da autorità sciite sono, oltre l’Iran, l’Iraq (prima della guerra del Presidente George W. Bush il paese era governato dal sunnita Saddam Hussein, ma la maggioranza della popolazione irachena è sempre stata sciita), la Siria e in gran parte il Libano.

Con la crisi del petrolio e l’elezione di Barack Obama alla Casa Bianca gli equilibri all’interno della regione medio orientale sono cambiati. L’Arabia Saudita ha perso la sua influenza sull’Iraq, è stata indebolita economicamente a causa della crisi del greggio e le sue politiche di finanziamento del terrorismo wahabita (una corrente estremista dei sunniti) ne hanno provocato un lento e inesorabile isolamento dalla Comunità Internazionale. L’esatto contrario è accaduto in Iran dove l’accordo sul nucleare ha consentito alla Repubblica Islamica di aprirsi al’Occidente e di giocare un ruolo geo politico molto più incisivo: ad oggi è più che concreta la creazione della Mezzaluna Sciita che vede in Iran, Iraq e Siria un triangolo che contrasta con forza gli interessi dei sauditi. I due colossi dell’Islam stanno combattendo una guerra fredda che vede insanguinare lo Yemen (sull’orlo della carestia) e la Siria dove i sauditi hanno armato l’Isis per destabilizzare Bashir al Assad grande alleato dell’Iran.

Ma il ciclone Trump ha stravolto tutto: ha riavvicinato gli Usa a Ryad e sta attuando alcune politiche avverse all’Iran (anche se difficilmente riuscirà a bloccare l’accordo sul nucleare). Tuttavia la partita del Presidente americano è giocata con mosse diverse a seconda del contesto. Ad esempio in Siria gli Stati Uniti combattono l’Isis e sono allineati alle decisioni del fronte russo – iraniano a sostegno di Assad. Ma The Donald ha fin dalla sua elezione un duplice rapporto con Mosca. Infatti se a parole il Segretario di Stato a stelle e a strisce, Rex Tillerson, e il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, hanno ammesso l’attuale frizione dei rapporti tra America Russia, nei fatti capitalisti ed ex comunisti potrebbero trovarsi ad essere protagonisti di una vicenda che sta rimbalzando agli onori della cronache: il Russiagate e cioè il supporto dell’intelligence di Vladimir Putin (e degli hacker “sovietici“) in favore dell’elezione a Presidente di Donald Trump. Quest’ultimo, addirittura, potrebbe rischiare l’impeachment. Dichiarando che è stato legittimo da parte sua dare alcune informazioni segrete al governo russo, fornite dai servizi segreti israeliani, The Donald ha sconvolto la politica interna americana e messo in imbarazzo il premier d’Israele Benjamin Netanyahu (per questa vicenda l’inquilino della Casa Bianca ha licenziato il Direttore dell’Fbi). Quest’ultimo è stato più che felice della vittoria di Trump contro Hilary Clinton e il presidente Usa ha ribadito più volte il valore dell’asse tra la Terra di Abramo e l’America: un bel paradosso.

Qual è stata visita successiva di Donald Trump? Proprio a Tel Aviv, capitale dell’alleato storico israeliano. Il Medio Oriente è più in fermento che mai, il dualismo tra Ryad Tehran è sempre più aspro, una soluzione alle guerre in IraqSiria Yemen appare ancora lontana. Tutto questo influisce sui rapporti tra Stati Uniti Russia, un bel rompicapo che non può consentire mosse avventate da nessuno dei suoi protagonisti.