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Il legame segreto tra la Grotta Azzurra e la Grotta del Mago

Tra la celebre Grotta Azzurra di Capri e la meno famosa Grotta del Mago di Ischia c’è un sottile, inimmaginabile legame segreto. Le due isole sono separate da poco meno di 30 chilometri di mare, ma da un abisso in termini di notorietà e reputazione. Molta parte di questo gap è dovuta alla fama internazionale di Capri, che ha avuto modo di consolidarsi prima della sua più trascurata “cugina”.

La Grotta del Mago si trova sulla costa sud-orientale dell’isola di Ischia, tra la Baia di Cartaromana e Punta San Pancrazio. Il nome di Grotta del Mago è solo uno dei tanti nomi con cui, negli anni, i vari esploratori l’hanno voluta chiamare. Altri nomi, meno noti, della stessa grotta sono: Grotta di Terra, del Sole, di Bordo, d’Argento, di Parata Centoremi, Tisichiello. Fino a fine ‘800 Tisichiello era il nome più diffuso. Poi sono state rilevate novità di rilievo dai successivi esploratori.

La morfologia della grotta, così come la si conosce ora, è frutto della curiosità di appassionati che si sono addentrati oltre la camera iniziale di circa 10 metri per 30, con un’altezza che varia dai tre ai sei metri sulla superficie del mare. Si è scoperto che la grotta continua con un corridoio di 37 metri per due, al termine del quale l’ambiente si slarga nuovamente, in una camera larga otto metri, e alta dai 30 ai 35. La propaggine di questa grande stanza naturale consiste in una piccola spiaggetta.

Ad una descrizione completa della grotta del Mago si è giunti col tempo. Una prima testimonianza risale al 1588, quando Iasolino descriveva una grotta situata tra il promontorio dei Cefaglioli e quello dell’Aguglia: “luogo molto orribile”. Le dimensioni riportate erano spaventosamente irrealistiche, tanto da suscitare l’ironia di D’Ascia, il quale riporta la grotta a dimensioni più veritiere, chiamandola Grotta di Terra.

Passarono molti secoli prima che si ricominciasse a parlare di quella grotta di Ischia. Cominciò Rittmann nel 1930, entrando in barca nella prima camera, e proseguendo a nuoto verso l’interno. Appuntò descrizione e riflessioni nel suo “Geologie der Insel Ischia”, all’interno del quale compariva per iscritto la leggenda che legava la Grotta alla presenza di un misterioso Mago.

Stando ai racconti dei pescatori che, sorpresi dalla pioggia, si riparavano all’interno della grotta, un grande Mago benevolo dalla lunga barba bianca garantiva loro che, finita la pioggia, la loro pesca sarebbe stata più prolifica che mai. E questo puntualmente accadeva, per ragioni tutt’altro che magiche, però. E’ infatti un fenomeno normalissimo e largamente diffuso.

La suggestione del Mago della Grotta non si limitò a questa leggenda. Se ne creò col tempo un’altra, parallela, secondo cui una principessa orientale fu promessa dal padre al Gran Visir. Lei amava in realtà un principe cristiano, e chiese una soluzione al Mago della Grotta. Il coraggioso Mago decise di affrontare a muso duro il Gran Visir, ma ebbe la peggio. Da allora si dice il suo spirito alberghi nella grotta, e possa esaudire tre desideri, se espressi da persone meritevoli.

Due anni dopo la pubblicazione del libro di Rittmann, due tedeschi, ripercorrendo le orme del loro predecessore, riuscirono ad andare oltre, aprendosi un varco sulla seconda grande camera della grotta. Ciò che troverete scritto nella maggior parte dei documenti attribuisce questa seconda scoperta a due italiani, il Professor Vezzuto ed il pittore di Napoli Cuccellato. Ma si trattò di una falsificazione di regime.

La Grotta del Mago cominciava a configurarsi come qualcosa di straordinario. Il fatto che le rocce restituissero all’occhio delle luminescenze argentee contribuì in maniera decisiva ad aumentarne il fascino. Giovan Giuseppe Sasso, proprietario dei terreni sotto i quali si sviluppava la lunga grotta, decise di sfruttare la nuova scoperta, rendendo la Grotta più fruibile sotto l’aspetto turistico.

Ottenute le concessioni governative del caso, costruì una passerella illuminata che collegava le due grotte, per il passaggio pedonale, e dotò il posto di una zattera, per la traversata via mare. Fece inoltre lavorare il terreno sovrastante la seconda grotta per ricavarvi una terrazza sulla quale predisporre un servizio ristorante, con vista privilegiata.

Luigi Palatano, in un articolo comparso sul Corriere d’America di New York, evidenziò la caratteristica luce argentea della grotta, coniando uno dei suoi tanti nomi: Grotta d’Argento. La Grotta del Mago assumeva quindi una risonanza a livello internazionale. Peccato davvero che il Palatano, nella volontà di proporre la Grotta d’Argento come concorrenziale alla Grotta Azzurra di Capri, partorì un titolo che alla meglio potrebbe dirsi equivoco: La Grotta d’Argento a Capri.

Nonostante quell’articolo ebbe vasta eco, un contributo decisivo alla notorietà della Grotta del Mago giunse da un’accesissima disputa sorta tra i professori Giovanni Platania, Mario Puglisi e l’ingegner Nicola Ciannelli da un lato, e il Dottor Giorgio Buchner e il Professor Immanuel Friedlaender dall’altro. Il motivo del contendere riguardava la funzione e le origini di quella grotta.

Cominciarono il Professor Mario Puglisi e l’Ing. Nicola Ciannelli, i quali sostennero in seguito a numerosi sopralluoghi, che la Grotta del Mago non fosse opera della natura, ma dell’uomo, che nella preistoria ricavò la Grotta dalla roccia per celebrare rituali proto-religiosi incentrati su divinità solari. Consegnarono un dossier alle autorità della Direzione dei Monumenti e Scavi di Napoli, e pubblicarono un articolo accademico sul Popolo di Roma, nel 1934.

Nello stesso anno accoglieva le tesi del Puglisi e del Ciannelli un’altra autorità in materia: il Monsignor Onofrio Buonocore. In un articolo comparso sul numero 178 de “La Cultura”, adduceva nuove prove geologiche a quelle fornite dai suoi due ispiratori, e per la prima volta si citava il Sole, ma a proposito dell’isola di Ischia. Il titolo dell’articolo era infatti: L’Isola del Sole.

La teoria secondo cui la Grotta del Mago era opera di uomini primitivi incantati dal sole trovò vasta eco, anche in Germania. In Italia fu sostenuta da un altro rappresentate di rilievo della comunità scientifica: Giovanni Platania, il quale pubblicò un’opera dal titolo piuttosto inequivocabile: La Grotta del Sole.

Non erano assolutamente d’accordo il Dottor Giorgio Buchner e il Professor Immanuel Friedlaender, e lo resero noto nei loro articoli: “Nota preliminare sulle ricerche preistoriche nell’isola d’Ischia”, e “Sui Bradisismi dell’Isola d’Ischia e sulla Grotta del Mago”. Le loro obiezioni furono salutate con malcelata ironia dal Puglisi, che vi lesse una volontà polemica che prescindeva dai fatti.

La disputa, ed insieme a lei i fari accesi sulla Grotta del Mago, cominciò a spegnersi quando una violenta mareggiata distrusse il piccolo ma efficace allestimento turistico imbastito da Giovan Giuseppe Sasso. A riprendere il filo interrotto ci pensò nel 1965 Alfonso Fresa, il quale sosteneva che nell’8.100 a.C. l’orientamento della Grotta era leggermente diverso da quello attuale, e al tempo si poteva osservare il Sole perfettamente in linea con l’orizzonte del mare durante il Solstizio d’Inverno. Non poteva essere una coincidenza.

Solstizio d’Inverno, quindi, incorniciato dalla Grotta del Mago, a Nord Ovest. Cosa vieta di pensare, dunque, che nella Grotta Azzurra, che sorge esattamente di fronte a quella del Mago, non fosse possibile salutare il Solstizio d’Estate, in un esercizio di reciproca gratitudine tra le doti cromatiche del Sole, e la celebrazione che ne fanno mare e rocce?