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Cosa fanno i napoletani a Natale? Mangiano, giocano e creano

La voracità dei napoletani è un tratto che li contraddistingue anche a Natale, periodo in cui la loro più esaltante fonte di divertimento è “l’abbuffata“. Il banchetto rappresenta un simpatico pretesto per riunirsi a tavola, scambiarsi pensieri e risate e per celebrare la famiglia. Famiglia ricopre un ruolo imprescindibile nella cultura napoletana e il Natale non fa altro che rafforzare questo sentimento così profondo.

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Quando si parla di cucina napoletana in un contesto natalizio diventa inevitabile soffermarsi sul “capitone“. Il capitone è la femmina dell’anguilla, e viene chiamata così per le dimensioni più grosse della testa rispetto al corpo. A differenza del maschio, risale i fiumi, perciò è possibile trovarlo sia in acqua dolce che salmastra. Ma perché è indispensabile a Natale come il pane nel quotidiano? La motivazione è una superstizione.

Questo animale infatti è molto simile a un serpente che, non a caso, rappresenta il simbolo del peccato nella religione giudaico-cristiana. Eva, quando mangiò la mela, lo fece lasciandosi indurre in tentazione proprio da un serpente, il diavolo. Per questo motivo mangiarlo sembra essere di buon auspicio per allontanare il male e le disgrazie.

Una motivazione più pratica è invece il basso costo di questo pesce davvero comune, che in passato poteva essere acquistato anche da chi aveva pochi mezzi economici. Insomma il capitone è necessario. Ma non è sufficiente, tanto è vero che non ricopre neanche una fetta di tutto il cibo strafogato tra vigilia e pranzo di Natale.

Finito di mangiare ci si dedica ai giochi da tavolo come la Tombola, il Tressette, l’Asso che fugge, il Mercante in fiera ed il Sinco. Di solito i giocatori approfittano di questi momenti per liberarsi dei soldi spiccioli, ripudiati per tutto l’anno.

Ma anche se apparentemente può non sembrare così, i napoletani fanno anche altro. Una passione che coinvolge soprattutto gli anziani, che hanno più tempo a disposizione, è la creazione di presepi.

Nel presepe ogni pastore ha un significato. Ad esempio Benito, il pastore che dorme, è un riferimento a quanto affermato nelle Sacre Scritture: “E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti“. Il risveglio è considerato come una rinascita. Oppure i due compari, zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, sono la personificazione del Carnevale e della Morte. Al primo in particolare si attribuivano poteri profetici, tanto che le persone lo interpellavano per chiedere consigli sui numeri da giocare al lotto.

Negli ultimi anni l’arte presepiale napoletana ha superato veramente sé stessa con l’aggiunta di pastori a passo con i tempi. Ci si ferma infatti divertiti a guardare Berlusconi con la testa fasciata, la coppia più gettonata della stagione o anche i campioni del calcio.

La “patria” del presepe napoletano è, senza alcun dubbio, via San Gregorio Armeno dove è possibile contemplare numerosi modelli o anche componenti del presepe, come fontane, pastori, mulini ecc. Ammirare queste opere d’arte, infatti, rientra tra le cose che fanno i Napoletani durante le feste.

Così, quando il clima lo permette e le temperature non sono troppo basse, i napoletani girano per i vicoli del centro, partecipano agli eventi organizzati e si riuniscono in compagnia. Perché alla fine il segreto per la felicità, i napoletani lo conoscono bene ed è appunto stare insieme.