Condannato a venti anni ma in libertà per decorrenza dei termini. E’ uno dei tanti paradossi della giustizia italiana che negli ultimi tempi ha suscitato diversi malumori nella magistratura.
La storia di oggi, perché sono tantissimi gli esempi di imputati condannati ma a piede libero, riguarda un affiliato del clan Lo Russo, negli ultimi mesi debellato da arresti e pentimenti eccellenti, e teatro dell’ultimo agguato di camorra in ordine cronologico: il duplice omicidio di due persone (Domenico Sabatino e Salvatore Corrado) ritenute vicino all’organizzazione dei ‘Capitoni’, giustiziate venerdì 30 settembre a Miano.
Si tratta di Gaetano Tipaldi, 70 anni, che ricopriva un ruolo di dirigente e organizzatore del sodalizio criminale operante nell’area a nord di Napoli. L’episodio è raccontato da Leandro Del Gaudio su Il Mattino.
Arrestato nel 2014 a poche settimane dalla sentenza (affrontò il processo a piede libero per un “problema formale”) e condannato in primo grado il 17 ottobre del 2014 a venti anni di reclusione per 416 bis, Tipaldi è tornato in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare, in seguito a un probabile ritardo nel deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado.
Ma andiamo con ordine. Il 17 ottobre del 2014 Tipaldi viene condannato in primo grado a venti anni di reclusione. Il 12 agosto 2015 (10 mesi dopo) vengono depositate le motivazioni della sentenza. Il 15 giugno 2016 (dopo altri 10 mesi) gli atti sono stati trasmessi dal Tribunale alla Corte di Appello.
Una trasferimento lentissimo. “Dieci mesi – scrive Il Mattino – per depositare una sentenza e qualcosa in meno di un anno per trasmettere le copie da un piano all’altro della stessa cittadella giudiziaria sono un po’ troppi”.