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Campi Flegrei, parla l’esperto dell’Ingv: “C’è il rischio di un’eruzione come quella passata”

I Campi Flegrei sono in continui movimento e le numerose e violente scosse orami scuotono i residenti della zona flegrea tutti i giorni. Ma com’è la reale situazione? Vediamo cosa ne pensano gli esperti.

“Sono due i possibili scenari relativi all’evoluzione della situazione dei Campi Flegrei: il migliore è che la crisi di bradisismo in corso termini come era accaduto per quella del 1983-84, il peggiore è un’eruzione simile a quella del 1538″, ha detto oggi il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Carlo Doglioni, nell’audizione davanti alla Commissione Ambiente della Camera. E cosa accadrebbe se ci fosse un’eruzione? “.Nel caso di un’ eruzione, ha aggiunto il presidente dell’Ingv, “non sappiamo né quando né dove, potrebbe avvenire e, per quanto piccola, provocherebbe un disagio sociale”. In ogni caso “è impossibile pensare che i Campi Flegrei si spengano perché sono un vulcano attivo”.

Il parere del Direttore del Dipartimento Vulcani dell’INGV sui Campi Flegrei

“I campi Flegrei sono una caldera attiva nell’area napoletana che dal 2005 sta sperimentando nuovamente un fenomeno bradisismico – spiega Francesca Bianco, Direttore del Dipartimento Vulcani dell’Ingv – Si tratta di un sollevamento del suolo, accompagnato da attività sismica e cambiamenti nella composizione chimica delle fumarole”. “Nell’ultimo anno abbiamo osservato un aumento della sismicità che accompagna questo sollevamento, che al momento è di 15 mm al mese, 18 centimetri l’anno. E’ un sollevamento continuo, che tende a far accumulare sforzo nella crosta terrestre e lo fa rilasciare proprio con la sismicità”.

“In questo momento, tutti i dati che misuriamo nell’area Flegrea non ci danno indicazione che ci sia magma in superficie – aggiunge Bianco – In assenza di magma nei primi chilometri della crosta, è molto difficile che ci possa essere un’eruzione”. “Fra l’altro non tutte le crisi bradisismiche vengono seguite da un’eruzione. Per esempio nell’1983 -84 ci fu un’intensa crisi, maggiore di quella attuale, che però non diede origine ad alcuna attività eruttiva”.

“Ci aspetteremmo dei segnali completamente diversi – conclude la direttrice del Dipartimento Vulcani – Caratteristiche più importanti, una deformazione con una geometria diversa, delle accelerazioni di gravità che al momento non osserviamo e delle caratteristiche chimiche differenti, oltre alla loro temperatura”.