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Cosimo Di Lauro, l’ultima ‘vittima’ della camorra e della vendetta-tortura di Stato: il 41bis

Cosimo Di Lauro è morto da solo, seppellito in cella. È morto in preda alla pazzia, forse vittima di un abuso di farmaci. L’autopsia chiarirà i motivi del decesso ma sul caso ci sono già alcune certezze: il suo grave stato psicofisico e la sua solitudine, non solo causati dal regime carcerario del 41bis ma anche dalla sua volontà (probabilmente inconsapevole) di rifiutare i colloqui con i familiari (forse lo hanno abbandonato?) e i suoi legali. ‘Cosimino è morto nella più totale indifferenza. Arrestato a 32 anni, ha perso la vita a 49. Ben 17 li ha trascorsi al 41 bis. Ne è valsa la pena vivere quella vita? Del suo breve regno di sangue e morte sono rimasti solo gli ululati e discorsi fatti da solo in quei pochi metri quadri nei quali viveva.

Cosimo Di Lauro e il 41bis

E mentre l’amministrazione del carcere di Opera comunicava via Pec la morte di Di Lauro, la camorra questa mattina è tornata a farsi sentire. E lo ha fatto a suon di proiettili: ben dieci sono stati esplosi dai killer che nel quartiere Soccavo hanno mietuto un’altra vittima. In pratica la criminalità organizzata esiste e continua a uccidere e proliferare nonostante il carcere duro. Siamo sicuri che questa pratica, palesemente incostituzionale, sia davvero utile nel combattere le mafie?

Solitudine e pazzia

Il 41bis è stato introdotto nel sistema penale italiano nell’agosto del 1992. Il provvedimento consente al Ministro della Giustizia, su consiglio del collega degli Interni o su richiesta del Pubblico ministero e della Direzione Nazionale Antimafia (Dna), di sospendere “per gravi motivi d’ordine e di sicurezza pubblica” le applicazioni delle normali regole nei confronti dei detenuti. La nuova legge fu la furiosa risposta dello Stato alle stragi mafiose che causarono nello specifico la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A novembre del 2021, secondo il rapporto dell’Associazione Antigone (e ai dati pubblicati dal Ministero della Giustizia), i detenuti al 41bis erano 749, di cui 13 donne. Questi ultimi sono divisi in 12 istituti penitenziari dislocati in tutta Italia.

La piaga del Sud

Il criterio di ‘internazione’ è geografico, per allontanare il reo dal territorio di appartenenza: chi commette reati al Sud è dunque recluso al Nord. “Mai al di sotto di Secondigliano” disse il Direttore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DapGiovanni Tinebra agli inizi degli anni 2000 (secondo quanto riportato nel libro ‘Tortura democratica‘ di Sergio D’Elia e Maurizio Turco). Un modo per indicare che il 90% dei detenuti ‘speciali’ è di origine meridionale e per questo le strutture carcerarie di massima sicurezza sono dislocate particolarmente al Nord. La maggioranza dei detenuti reclusi al 41bis è in cella per motivi di associazione mafiosa. Ma si può finire nel carcere duro anche per altri reati. La maggior parte di essi è stato condannato in via definitiva e sono ergastolani ma una bella percentuale è ancora in attesa di giudizio, altri hanno una situazione ‘mista‘ ovvero sono coinvolti in più procedimenti giudiziari.

La tortura di Stato

Dal 41bis non si esce a meno che non ci si pente o si muore. In pratica lo Stato contravvenendo all’Articolo 27 della Costituzione (che prevede una pena umana e volta alla riabilitazione sociale del reo) e ad alcune sentenze della Corte Costituzionale (in risposta alle ‘ammonizioni’ della Corte Europa dei Diritti dell’UomoCedu – per le quali l’Italia con il 41bis viola tutti i principali trattati internazionali sui diritti umani), dice al detenuto: se vuoi avere benefici di pena diventa un infame (o ‘traditore’, come si dice in gergo criminale, uno status che è socialmente inviso nell’ambiente mafioso e che potrebbe mettere in pericolo i congiunti del detenuto) altrimenti marcirai in cella. È questa una tortura? Si, senza ombra di dubbio.

Il carcere duro

Stare al 41bis vuol dire avere un solo colloquio al mese con i familiari; una sola telefonata se il detenuto non ha nel mese un contatto visivo (spesso le famiglie devono intraprendere dei viaggi per fare visita al proprio parente recluso); due ore d’aria al giorno, più due di socialità; due pacchi al mese dalla famiglia, più due straordinari all’anno. Questi ultimi più la corrispondenza sono controllati e ‘censurati’ dall’amministrazione penitenziaria. Il fornellino per scaldare il cibo è consentito solo di giorno ed è vietato ricevere più soldi di quanto abbia stabilito il Ministero. I detenuti reclusi al 41bis non possono organizzare attività sportive o ricreative e non possono frequentare corsi scolastici. Chi è sottoposto al regime del carcere duro se vuole può studiare da solo. E sono stati diversi i casi di detenuti che sono riusciti a diplomarsi e laurearsi in carcere. Chi è recluso al 41bis non può neanche presenziare ai propri processi, può farlo in video conferenza. C’è poi la pena del ‘vetro‘, quella struttura divisoria che separa il detenuto da chi è andato a fargli visita: che senso ha in un contesto super sorvegliato se non quello di privare il recluso di qualsiasi contatto fisico ed emotivo con un proprio parente?

La salute, la pena della burocrazia e la condanna a morte

Nel giro cella a cella delle sezioni del 41bis, abbiamo potuto riscontrare non pochi casi di detenuti infartuati, colpiti da ictus, malati di cancro, paralizzati o costretti sulla sedia a rotelle“, hanno scritto D’EliaTurco. Forse negare la salute in carcere vuol dire combattere la criminalità organizzata o è solo una vendetta di Stato? Spesso il 41bis viene rinnovato nonostante le istanze presentate dagli avvocati difensori per la fine del regime di pericolosità o perché il proprio assistito non è più in grado di intendere e di volere. Ma la ‘pigrizia burocratica’, lo scarica responsabilità tra le procure, i Tribunali di sorveglianza, i ministeri e la Dna, impedisce ai detenuti di accedere ai loro diritti previsti dalla legge. E la tortura continua. Come affermava Marco Pannella: “Il conformismo dell’antimafia, quella parlamentare e della società civile, sta facendo strage di diritto, di legalità e di umanità. I detenuti all 41bis non sono altro che delle persone condannate alla morte civile“.

Cosimo Di Lauro e il 41 bis