Pietro Benfatto ha perso la vita a 17 anni in un terribile incidente d’auto, era alla guida della macchina dei genitori nonostante non avesse la patente per guidarla. Il ragazzo domenica notte, rientrando a casa, ha perso il controllo della vettura e si è schiantato, è morto sul colpo.
Parla un amico di Pietro Benfatto
I genitori, secondo come riporta Il Gazzettino, hanno spiegato di avergli dato l’auto a patto che l’avrebbe guidata un amico di vent’anni. A parlare al quotidiano locale, è un altro amico che sostiene come Pietro frequentasse dei ‘finti amici’: “Lui si frequentava con questi due ragazzi che per me sono dei finti amici. Mi hanno detto che erano più sere che Pietro prendeva la macchina, i suoi sapevano che la guidava un altro. E lo stesso è successo domenica notte. Quando è stata ora di tornare a casa, nessuno voleva montare con lui perché era ubriaco. Dei veri amici, come noi della sua compagnia, non gli avremmo mai permesso di fare ‘ste robe. Lo sapevamo com’era fatto Prince, era un po’ vivace, gli piaceva vivere la vita un po’ all’estremo. Siamo cresciuti in questa specie di ghetto dove i nostri genitori sono brave persone, ma un po’ di povertà dietro c’è sempre e così si vive un po’ al limite, si aspira a qualcosa di meglio, ma da qui a lasciar fare delle cazzate del genere ce ne vuole”.
Rispetto alle persone con cui Pietro è uscito quella sera, l’amico ha detto: “Li conosciamo tutti ma sono dei falsi amici. Chi lascia mettere al volante un ragazzo in quelle condizioni? Sono distrutto. Purtroppo ultimamente sto lavorando tanto, ed era qualche tempo che non vedevo Pietro. Riuscivamo a incontrarci un paio di volte al mese e parlavamo del nostro progetto. Anzi, dei tanti progetti che avevamo”
Pietro una vita spezzata a 17 anni, l’amico racconta che aveva tanti sogni: “Il suo desiderio era quello di cantare. L’ha fatto fin da piccolo, ma non lo sapeva nessuno, era introverso. Poi nell’estate 2020 abbiamo fatto quella canzone, abbiamo comprato un sacco di basi, avevamo tanti progetti. Tanti contatti con tanti studi, aspettavamo che qualcuno ci chiamasse ed eravamo pronti. Lui era bravo, aveva i numeri per sfondare”.

