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Gemellaggio Napoli-Genoa, i motivi che hanno portato alla rottura degli ultrà partenopei

Un gemellaggio durato quasi 38 anni quello tra gli ultrà del Napoli e quelli del Genoa e terminato ufficialmente lunedì 8 aprile con un comunicato che, nonostante le notizie sul presunto fake, manifesta dei contenuti che cristallizzano il pensiero del tifo organizzato partenopeo

Sia la curva A che la curva B hanno atteso la sfida di ritorno, andata in scena il giorno prima allo stadio San Paolo, per annunciare la fine di un gemellaggio iniziato il 16 maggio del 1982 nel tempio di Fuorigrotta con un miracoloso pareggio dei rossoblù “grazie” alla gentile concessione del portiere azzurro Castellini. Il Genoa portò a termine la rimonta (2-2) che valse la salvezza ai danni del Milan. Sugli spalti fu grande festa così come fu grande festa al “Ferraris” il 10 giugno 2007 quando entrambe le compagini festeggiarono la promozione in serie A.

Negli ultimi anni tuttavia il rapporto sbiadisce in seguito a una serie di episodi che hanno raffreddato sempre più la “fratellanza”. Nel comunicato degli ultrà partenopei non vengono menzionati gli eventi chiave che hanno portato alla rottura. Ci sono però alcuni passaggi che ne lasciando intendere i motivi.

Innanzitutto, scrivono, il gemellaggio era “mal curato nel tempo e affidato esclusivamente ad amicizie personali, longeve vero, ma non trasferite ad un livello di gruppi ultras così come converrebbe”.

A far saltare il banco, però, sarebbe stato l’atteggiamento tenuto dagli ultrà del Genoa con i colleghi di Inter e Roma dopo gli agguati subiti dai napoletani sia di recente (lo scorso 26 dicembre 2018 dove morì il capo tifoso nerazzurro Daniele Belardinelli, detto Dede) che quel maledetto 3 maggio 2014, dove in occasione della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina venne ferito a morte Ciro Esposito, raggiunto da più proiettili partiti dalla pistola che impugnava l’ultrà giallorosso Daniele De Santis (proprio ieri sono state rese note le motivazioni della conferma della condanna a 16 anni da parte della Cassazione).

Questo è un primo comunicato (smentito dai più):

Ebbene la solidarietà espressa dai “grifoni” all’ultrà nerazzurro scomparso, con uno striscione (“Ricordiamo un ultras scomparso, Rip Dede”) esposto durante Genoa-Inter dello scorso 3 aprile, non è andata giù ai napoletani. “Tante sono le soluzioni che con il tempo sono scivolate un po’ di mano -si legge nel comunicato -, tra le tante questa improvvisa quanto persistente solidarietà verso una tifoseria che ci ha teso un vile agguato (tra l’altro riuscito male) senza nemmeno farsi carico di chiedere come stessero i ragazzi gemellati coinvolti negli scontri”.

Questo invece è il secondo comunicato (diffuso 18 ore dopo) dove vengono espressi gli stessi concetti e dove manca invece i riferimenti specifici ai rapporti con interisti e romanisti:

Altro passaggio che, come detto, “cristallizza” la fine dei rapporti di fratellanza è quello relativo all’apertura negli ultimi tempi dei genoani ai romanisti, nonostante la morte di Ciro Esposito: “Non condividiamo questa linea di tendere mani ed abbracciare compagini nemiche colpevoli di aver tolto la vita a dei nostri fratelli di viaggio. La nostra coerenza ci impone di restare così come siamo sempre stati, solidali certo, ma senza mai oltrepassare quella linea sottile di confine. Senza sfociare in uno stucchevole buonismo che non onora il nostro essere”.

Gli ultrà spiegano poi i “tempi tecnici” attesi prima di annunciare la rottura: “Abbiamo avuto cura di restituire in casa la stessa indifferenza ricevuta nel match di andata, poiché non ci sarebbe piaciuto fare i gradassi al San Paolo”. All’andata infatti venne registrata freddezza e indifferenza dalla curva nord rossoblù.

Una decisione che spiazza la maggior parte dei tifosi di Napoli e Genoa che in queste ore stanno affrontando la questione sui social senza, tuttavia, soffermarsi sui codici e sulle logiche del mondo ultrà.