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Gelsomina Verde, torturata, uccisa e bruciata dal clan Di Lauro: per lo Stato non fu vittima di camorra

La storia di Gelsomina Verde è nota a molti, la vittima è da 14 anni simbolo della sanguinosa e crudele faida di Scampia, ripresa anche nella prima stagione della serie tv “Gomorra”. Nonostate Mina, all’epoca 22 anni, sia stata torturata, uccisa e carbonizzata dal clan di Lauro nel 2004, seppur innocente, lo Stato non la riconosce come vittima della camorra. Fu attirata in trappola da quattro ragazzi del rione, killer del clan Di Lauro, che da lei volevano una foto di Gennaro Notturno, detto ‘o Sarracino, oggi 47enne, killer che insieme alle famiglie Abete e Abbinante e insieme ai vecchi colonnelli di Ciruzzo ‘o milionario (Cesare Pagano e Raffale Amato) diede il via alla scissione. ‘O Sarracino per un breve periodo ebbe una relazione con Mina.

Gelsomina rifiutò di collaborare con i sicari e questo scatenò la dura punizione. Da quel momento la famiglia non ha ottenuto alcun risarcimento da parte dello Stato. Come riporta il Corriere del Mezzogiorno: “Prima l’Avvocatura e il ministero della Giustizia si sono opposti alla richiesta di indennizzo proposto dalla famiglia della 22enne, e poi la scorsa settimana anche la quinta sezione penale del giudice monocratico di Napoli ha bocciato il ricorso. Hanno applicato alla lettera, passo dopo passo, una norma scritta nel 2002 e che sulla carta voleva evitare che ai parenti di boss e criminali andassero fondi dello Stato“. Per parenti però si intende un cugino del padre di Gelsomina, tra l’altro deceduto.

Altra questione spinosa invece rigurda il risarcimento non ottenuto dallo Stato in quanto la famiglia Verde aveva accettato 300mila euro dal sicario della ragazza, ovvero Cosimo Di Lauro, dopo essersi costituita parte civile. Di questa tortuosa vicenda ci ha raccontato i dettagli il fratello di Mina, Francesco Verde, oggi di professione attore:

Nel processo la sua famiglia si è inizialmente costituita parte civile.

“Si e nella sentenza depositata nel luglio del 2006, i giudici sottolineano questo: “Si badi, ed è il caso di sottolinearlo con forza che, a fronte di decine e decine di morti, attentati, danneggiamenti estorsivi e paraestorsivi, lutti che hanno coinvolto persone innocenti che non avevano nulla a che fare con la faida in corso, ma che hanno avuto la sventura di trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato, finanche anziani e donne trucidate impietosamente, ebbene di fronte a tale scempio, fatto di ingenerato ed assurdo terrore, non vi è stata alcuna costituzione di parte civile, ad eccezione dei genitori di Gelsomina Verde”.

Siete stati i primi, poi nel 2010 avete accettato il risarcimento del boss Cosimo Di Lauro e rinunciato a costituirvi parte civile. Perché?

“E’ il nocciolo delle polemiche di questi giorni. In tanti stanno criticando la mia famiglia perché dopo sei anni dall’omicidio di mia sorella si sarebbe piegata alla legge del clan. Non è così. Innanzitutto ci tengo a precisare che i 300mila euro di Cosimo Di Lauro provenivano da un premio assicurativo per un incidente in cui fu coinvolto quando era adolescente. Non erano soldi sporchidel traffico di droga o di altri affari illeciti che facevano. Dopo sei anni di sofferenza, dove non siamo stati aiutati dallo Stato nonostante una coraggiosa decisione presa nel pieno della faida, abbiamo deciso di accettare il risarcimento”.

In quegli anni nella periferia Nord di Napoli si viveva sotto assedio. La faida tra i Di Lauro e gli Scissionisti portò a 84 morti in soli sei mesi.  Mina fu la prima vittima innocente della guerra tra i due clan, ma per la sua morte sta scontando la pensa solo il boia Ugo De Lucia, colui che l’ha torturata uccisa e brutciata e che ha avuto una condanna all’ergastolo resa più “soft” dai numerosi benefici. Come ha raccontato qualche giorno fa la testata online “Stilo24” infatti l’uom ha ottenuto permessi per lasciar e il carcere e stare isnieme ai figli durante tutte le ricorreze più importanti. Una giustizia che non è mai arrivata per la famiglia Verde, che ha visto morire la figlia ogni volta che si è sentita sola.