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Camorra e racket, cala il sipario sul clan Pesce-Marfella: sei arresti

Pizzo a piccoli commercianti e contrabbandieri. Una settima persona risulta, al momento, irreperibile.

Operazione antiracket a Pianura, periferia occidentale di Napoli, dove carabinieri e polizia hanno sgominato quel che resta del clan Pesce-Marfella, già ridimensionato negli ultimi anni da numerosi arresti e dalla decisione di alcuni elementi apicali, tra cui l’ex boss Pasquale Pesce, di passare dalla parte dello Stato.

Sette le ordinanze di custodia cautelare eseguite nelle scorse ore dagli uomini della Squadra Mobile di Napoli e dai carabinieri della stazione di Pianura. Ordinanze emesse dal Gip del tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia al termine delle indagini condotte dal pm Francesco De Falco.

Un indagato risulta al momento irreperibile. Deve rispondere insieme agli altri sei destinatari di associazione di tipo mafioso e di estorsione. Tre di loro, Antonio Bellofiore, 26 anni detto “Tonino 38“, Pietro Riano, 32 anni, entrambi del quartiere Pianura, e Carmine Guadagno, 27 anni residente ad Acerra, erano già finiti in carcere in un’operazione antiracket avvenuta lo scorso 10 marzo. Il quarto, Pietro Sorrentino, 48 anni pregiudicato, considerato uno dei pochi “elementi di peso” ancora in circolazione, era irreperibile dallo scorso marzo quando si era allontanato dal quartiere di Pianura. Ai domiciliari sono finiti invece il figlio di Sorrentino, Giorgio, 26enne incensurato, e Michele Ortone, 28enne con precedenti.

Dalle indagini è emerso come i sei avrebbero imposto la loro presenza criminale sul territorio di Pianura attraverso numerose estorsioni perpetrate, senza distinzione alcuna, nei confronti di attività commerciali, lecite e illecite. Richieste di pizzo sono state avanzate sia nei confronti del titolare di un negozio di abbigliamento di via Napoli, costretto a cedere senza corrispettivo numerosi capi e a corrispondere periodicamente somme di denaro ai sodali del clan, sia nei confronti di due contrabbandieri di sigarette ai quali il denaro è stato estorto dietro minaccia di non poter più continuare a svolgere la loro illecita attività di vendita nel caso in cui non avessero corrisposto le somme richieste.

Con l’operazione odierna, che fa seguito a quella dello scorso marzo, e la sentenza di primo grado che ha inflitto quasi due secoli e mezzo di carcere agli esponenti dei due clan protagonisti della faida (da una parte i Pesce-Marfella-Foglia, dall’altra i Mele-Romano), la criminalità organizzata pianurese ne è uscita fortemente ridimensionata.

Le stesse estorsioni impostate al titolare del negozio di abbigliamento e ai venditori di sigarette di contrabbando, così come – secondo quanto emerso nell’ordinanza emessa lo scorso marzo – a un’azienda di autonoleggio, già palesavano le difficoltà economiche di una cosca “costretta” ad accontentarsi di piccole quote per portare avanti i propri affari illeciti.

NELLA FOTO DA SINISTRA: Pietro Sorrentino, Antonio Bellofiore, Pietro Riano e Carmine Guadagno