Giulio Golia torna a Napoli per raccontare al pubblico de Le Iene il fenomeno delle baby gang. Da inizio 2018 diversi episodi legati a gruppi di minorenni violenti hanno fatto emergere la questione. Sono ragazzini dagli 11 ai 17 anni che seminano la paura in strada e attaccano senza motivo chiunque, accoltellando magari coetanei come nel caso del giovanissimo Arturo a via Foria oppure malmenando come è accaduto a Gaetano alla stazione metro di Chiaiano.
FENOMENO BABY GANG, IL SERVIZIO A PIAZZAPULITA SULLA STORIA DI ARTURO
Il giornalista è tornato nuovamente in città infatti aveva già raccontato il fenomeno nel 2016 intervistando una “paranza”. Questa volta Golia ha incontrato un ragazzo di 16 anni che ha descritto la sua precoce esperienza nella malavita, tuttora in corso. Ha poi chiacchierato con Padre Zanotelli, missionario Comboniano e figura storica della lotta contro la camorra. Il parroco del rione Sanità ha spiegato la differenza tra le paranze e il più recente fenomeno delle baby gang. “Le paranze dei bambini sono gruppi che controllano il territorio per lo spazio della droga. Mentre quello che sta avvenendo adesso sono attacchi da parte di gruppi di ragazzini per nessuna ragione. Questo è quello che spaventa ancora di più. Ora a Napoli tutti hanno paura“.
L’inviato ha parlato anche con un gruppo di bambini dei Quartieri Spagnoli facendo raccontare loro il modo in cui passano le giornate, la scuola e i sogni per il futuro. Sono bimbi che hanno bisogno solo di una possibilità, di un’alternativa, come dimostra la storia di Carmine Monaco, l’attore che interpreta ‘O Track nella serie tv Gomorra. Nato ai Quartieri Spagnoli é diventato una brava persona grazie a Gaetano Di Vaio, che gli ha dato la positiva alternativa di cui ognuno avrebbe bisogno: “Ho sempre visto Scarface, ma non ho mai fatto un tiro di cocaina o un reato”, spiega Monaco. “Sono cresciuto in un ambiente difficile ma sono stato fortunato, ho incontrato il regista Di Vaio, che era stato in carcere e mi ha coinvolto, facendomi diventare un attore“. Il produttore cinematografico prima gestiva una piazza spaccio: “Poggioreale è un moltiplicatore di delinquenza. Ai ragazzi puoi fornire solo strumenti, bisogna parlare con loro“. Alternativa la offre anche il Nest, Teatro di Napoli Est, dove giovani ragazzini di strada vengono recuperati attraverso l’arte.
Del servizio di Golia però quello che sciocca di più è il “fil rouge” del racconto ovvero l’intervista al 16enne capo-paranza. Il suo sguardo, le sue parole, fanno riflettere e indignare al tempo stesso:
“Ho iniziato a undici anni, a 15 avevo già ragazzi più piccoli alle mie dipendenze. Molte volte sono le persone ‘per bene’, quelli facoltosi, i professionisti, a commissionarci un lavoro. Ci chiedono di picchiare o spaventare qualcuno per 4-5 mila euro. Io credo solo nella paranza, perchè so che mi coprono le spalle. Perché devo sudare quando guadagno 1500 euro a settimana, cinque volte più di un cristiano normale? Se muoio posso dire di aver fatto la bella vita”.
Nonostante da queste dichiarazioni possa trasparire una situazione gravissima e irrecuperabile, alcune frasi del 16enne fanno però comprendere che la speranza è ultima a morire. Sempre. “Io volevo fare il militare, ma poi ho letto che con i tatuaggi il militare non lo posso fare. Il mio sogno è andare via da Napoli e aprirmi una cosa fuori per stare meglio e cambiare vita“.

