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Faida nel clan Lo Russo, Nappello contro Stabile-Ferrara: “Una donna dietro la rottura”

Il pentito Ciro Ferrara spiega: "Valerio Nappello sconfinò nella nostra zona"

Oltre ai due boss Mario e Carlo Lo Russo, al nipote Tonino Lo Russo e al suo braccio destro Claudio Esposito, ci sono altri due nuovi pentiti nel clan dei Capitoni che hanno contribuito a ricostruire gli ultimi burrascosi anni del sodalizio di via Janfolla.

Si tratta di Ciro Ferrara di Chiaiano, facente parte del gruppo Stabile-Ferrara, fedeli dei Lo Russo fino a prima dell’inizio della collaborazione dello “zio” Carlo, e di Antonio De Simini, legatissimo soprattutto ai due cugini Antonio (figlio di Giuseppe) e Tonino (figlio di Salvatore) Lo Russo.

Ci sono anche le loro dichiarazioni nelle oltre 900 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Francesca Ferri che ha portato all’arresto di 43 persone ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso e di reati aggravati dall’art. 7 (l’aggravante dell’intimidazione, ndr). Contestati inoltre associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, alla detenzione e spaccio di droga e alla detenzione e porto di armi.

Il nuovo pentito Ciro Ferrara ricostruisce al sostituto procuratore Enrica Parascandolo della Direzione Distrettuale Antimafia i mesi successivi all’arresto e al pentimento di Carlo Lo Russo. Mesi che, almeno fino a prima dell’estate scorsa, videro nascere diverse frizioni tra sottogruppi dei Capitoni. Dissidi che hanno poi portato al duplice omicidio di Carlo Nappello, detto ‘pavone‘, e del suo nipote omonimo avvenuto il 27 maggio del 2017. Duplice omicidio – è giusto precisarlo – sul quale non viene fatta chiarezza nell’ordinanza. Non ci sono ancora mandanti ed esecutori materiali ma il pentito del gruppo Stabile-Ferrara fornisce un movente agli investigatori.

In un verbale del 2 agosto scorso, Ciro Ferrara ricostruisce in modo dettagliato i motivi di rancore, anche personali, esistenti con Valerio Nappello, degenerati poi dopo l’arresto di Carlo Lo Russo.

UNA DONNA ROMPE GLI EQUILIBRI – Il contrasto con Valerio Nappello – fedelissimo di Tonino Lo Russo – “risale al 2014, prima dell’omicidio di Mimmo Raffone, ed è legato alla relazione sentimentale che io avevo iniziato ed ho tuttora con la moglie del cugino omonimo. Sono infatti legato sentimentalmente a V.A. che è sposata con Valerio Nappello, cugino di Valerio Nappello, fratello del Pavone (Carlo Nappello, ndr), quest’ultimo di recente ucciso”.

SCONFINAMENTO DEI NAPPELLO – Alla base del contrasto che poi degenererà nel duplice omicidio ci sono dunque motivi personali, sentimentali. “Il contrasto con Valerio Nappello – continua Ciro Ferrara – si è poi aggravato in conseguenza dei nuovi assetti successivi all’indebolimento dei Lo Russo . Si deve comprendere che a seguito delle collaborazioni con la giustizia degli esponenti di vertice del clan Lo Russo e da ultimo di Carlo Lo Russo, i Nappello si erano imposti sul territorio e facevano abusi anche nel territorio di Chiaiano e Marianella sul quale invece operavo io con il mio gruppo”.

Gli Stabile-Ferrara vennero così a sapere che i Nappello stavano facendo le estorsioni anche nella loro zona di competenza ed era guidati da Valerio Nappello, detenuto in comunità di recupero a Vasto ma spesso operativo sul territorio grazie ai permessi. Il gruppo dei Nappello – secondo la ricostruzione di Ferrara – era composto da “Annunziata Gianluca, Mango Luigi, Ruggiero Gennaro, Peluso Alessio ed altri. Annunziata Gianluca e Mango Luigi, cognato di Valerio, erano i suoi referenti .

L’INCONTRO PRIMA DELLA ROTTURA – Stanco della situazione, Ferrara decise così di incontrare i referenti di Valerio Nappello per chiarire le zone di competenza.  “Incontrai, insieme a Corrado Salvatore (detenuto con me a Vasto che intanto aveva avuto un permesso) mio nipote Prinno Luigi e due suoi amici (quelli che sono poi stati arrestati con lui sempre per estorsione), Gennaro Ruggiero, Annunziata Gianluca, Mango Luigi, Peluso Alessio e tale Checco. Ai referenti di Valerio Nappello dissi chiaramente che Marianella e Chiaiano era “zona mia” e offri loro una quota per i carcerati. Ovviamente il mio messaggio doveva essere riportato a Valerio Nappello ed immaginavo che non avrebbe accettato di rinunziare al controllo della zona di Chiaiano e Marianella come poi è stato”.

LA TRAPPOLA E LE TORTURE- “Dopo qualche giorno – spiega Ferrara – Nappello mi mandò una imbasciata tramite Annunziata Gianluca per incontrami ma io ho capito che era una trappola e non ci sono andato. Ho invece incontrato Lino Torre, fratello di Mariano, nella sua abitazione nella Masseria Cardone e lui mi ha raccontato di essere stato seriamente minacciato dal gruppo di Valerio Nappello . In particolare Lino mi ha raccontato di essere stato attirato in una trappola in un appartamento a Miano dove Annunziata, Mango, Peluso Alessio, Ruggiero Gennaro, Checco e Carlo Nappello juionir, cioè Cicchilotto (anche lui ucciso, ndr) , alla presenza anche di Valerio Nappello, lo legarono su una sedia e lo volevano uccidere. Lino mi ha detto anche che si è salvato solo perché Valerio gli ha detto che non lo avrebbe ucciso solo per timore che il fratello Mariano si sarebbe potuto pentire. Ho saputo anche che nell’occasione si sono impossessati di 150mila euro provento dei traffici di droga che aveva Lino Torre.

LA FAIDA – “Insomma – conclude Ferrara – si venne a creare un situazione di forte contrasto con il gruppo capeggiato da Valerio Nappello e si doveva quindi dare un segnale di forza”.