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A Napoli è negato il diritto alla mobilità

Un trasporto pubblico efficiente non vuol dire soltanto prendere un mezzo in orario, ma anche di evitare la ghettizzazione delle periferie

Come spesso accade durante la settimana, mi trovavo alla fermata ANM (Azienda napoletana mobilità) di piazza Vittoria ad attendere un bus. La mia fortuna è quella di abitare in centro ai Quartieri Spagnoli e di lavorare a Piazza Sannazzaro. Questo mi permette di arrivare in redazione impiegando massimo 30 minuti: percorro a piedi via Chiaia e poi ho la possibilità di scegliere addirittura tra 4 bus, 3 dell’ANM ed 1 dell’EAV (Ente autonomo Volturno).

Eppure a volte capita di dover attendere molto il passaggio del pullman, mentre gli occhi sono incollati al Bus stop, la lavagna elettronica che indica il tempo di arrivo del mezzo pubblico. Ed è in quei momenti che penso a come vivono questa situazione tutti i cittadini residenti in quartieri più periferici. Le persone che provengono da Secondigliano come fanno a raggiungere il centro se la linea 1 della Metro subisce un guasto un giorno si e l’altro pure? I cittadini di Ponticelli San Giovanni che mezzi pubblici hanno a disposizione? E quelli di Pianura Soccavo? Per non parlare di chi vive fuori il comune di Napoli e deve arrivare nel capoluogo partenopeo da altre zone dell’area metropolitana.

Ecco il problema del trasporto pubblico a Napoli non vuol dire soltanto sopportare estenuanti attese alle fermate dell’ANM. Vuol dire soprattutto vedere la negazione di un diritto fondamentale per la cittadinanza: il diritto alla mobilità. È inutile che facciamo finta di non vedere, il centro città rispetto alla periferia e la provincia è tornato ad essere un altro mondo, nel bene e nel male. I territori periferici, non solo sono dal punto di vista sociale, politico e culturale abbandonati a se stessi, ma risultano essere completamente scollegati dal cuore pulsante dell’intera area metropolitana: cioè dal suo capoluogo.

Questo grave deficit sta causando due fenomeni negativi: uno è il continuo ricorrere, da parte dei cittadini che non abitano nel centro di Napoli, a mezzi privati quali auto e scooter che non fanno altro che inquinare e amplificare la congestione del traffico. Questo comporta gravi conseguenze per la viabilità cittadina. L’altro, ben più grave, riguarda lo sviluppo sempre più netto di veri e propri ghetti urbani. Perché è questo che stanno diventando le nostre periferie, dei ghetti. Dentro quest’ultimi, già c’è soltanto la presenza delle persone che ci vivono (non esistono attrattive che possano spingere un residente del centro ad andarci), ma adesso è anche preclusa per loro la possibilità di uscirne.

Proprio per questo dovremmo iniziare a pensare al trasporto pubblico, non solo come un servizio legato alla mobilità, ma anche come un vero e proprio diritto che dovrebbe essere garantito ai cittadini. Invece, non solo ci ritroviamo con un’azienda fallita, ma i napoletani sembrano ormai assuefatti e abituati al fatto che le cose in questa città non debbano funzionare. Forse siamo ancora presi dai fumi di una Rivoluzione arancione della quale ancora non abbiamo gustato l’arrosto. Anzi forse l’abbiamo già mangiato e in realtà ci è rimasto indigesto.