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Camorra, mazzata per il boss del Vomero: chiesti in Appello 18 anni per Cimmino

Diciotto anni di reclusione. Questa la richiesta al termine della requisitoria del procuratore generale, la dottoressa Maria Di Addea, nel processo davanti alla terza sezione della Corte di Appello di Napoli nei confronti del boss del Vomero Luigi Cimmino, 56 anni.

Condannato in primo grado a 7 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, falso, tutto con aggravante mafiosa, nel secondo grado di giudizio il procuratore generale ha sposato in pieno la tesi accusatoria del magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli Enrica Parascandolo chiedendo per il boss del Vomero e dell’Arenella 18 anni.

In primo grado la DDA partenopea aveva chiesto una pena esemplare (18 anni) ma, Cimmino, difeso dall’avvocato Dario Vannetiello, era riuscito a strappare una pena mite con i giudici che non hanno riconosciuto l’aggravante della recidiva. Su quest’ultimo aspetto si è concentrata invece la requisitoria del procuratore Di Addea che ha sottolineato il ruolo apicale di Cimmino all’interno del clan.

La prossima udienza è in programma l’8 novembre mentre la sentenza è attesa per l’11 dicembre. Richieste confermate invece per gli altri imputati: 6 anni per Festa Luigi, 5 anni e 4 mesi per Ferrante Pellegrino e Montalbano Raffaele, 4 anni e 8 mesi al genero del boss, Palma Pasquale.

IL PRIMO ARRESTO E LA FUGA – Luigi Cimmino è stato arrestato in un primo momento il 20 luglio del 2015 insieme agli altri quattro affiliati. Indecente lo “spettacolo” andato in scena all’esterno del Comando dei carabinieri della Compagnia Vomero. All’uscita del boss, le donne presenti sul marciapiede di fronte gli dedicarono cori e messaggi d’amore (“Bravo, bravo”, “ti amooo!”). La detenzione in carcere dura appena 11 giorni. Cimmino e i suoi affiliati tornano a casa grazie alla decisione del Tribunale del Riesame che non ha ritenuto sufficienti le prove raccolte dalla DDA partenopea.

LA BREVE LATITANZA – La Procura però non si è arresa e, grazie anche a ulteriori indizi raccolti dai carabinieri del Vomero, è riuscita a ottenere un nuovo ordine di carcerazione per Cimmino e per il genero Pasquale Palma. Ordine scattato a febbraio del 2016 con il boss che, consapevole dei rischi che correva, ha tagliato la corda dandosi a una latitanza durata poco più di un mese. Il 5 marzo infatti i militari lo hanno scovato in un appartamento di Chioggia, in provincia di Venezia. Aveva una borsa pronta per una possibile ripartenza e 7mila euro in contanti. Nella stessa giornata a Napoli i carabinieri hanno arrestato Pasquale Palma che si nascondeva in un appartamento in via Matteo Renato Imbriani.

L’ARMADIO E I LIBRI DI GRISHAM – Quando i carabinieri hanno fatto irruzione nell’abitazione, Cimmino ha tentato invano di nascondersi nell’armadio ma a tradirlo sono stati alcuni medicinali, che prende quotidianamente, presenti sul comodino della camera da letto. Nel suo covo i militari hanno trovato anche una decina di libri di John Grisham, lo scrittore statunitense esperto di gialli giudiziari.

AMANTE GELOSA – Lo stesso Cimmino, nelle indagini condotte dalla Procura e dai carabinieri, è stato condizionato dall’atteggiamento, eccessivamente geloso, dalla sua amante. La donna infatti, temendo di essere tradita, chiedeva esplicitamente al suo boss di chiamarla quando si recava dalle famiglie degli affiliati detenuti per consegnare le “mesate“. Cimmino per dimostrare la sua fedeltà, andò a consegnare due stipendi ad altrettante mogli di detenuti mentre era a telefono con l’amante. L’intercettazione viene così carpita dai carabinieri che ottengono informazioni vitali sulla vicenda. Dalle indagini, inoltre, è emerso che il clan si è anche prodigato per pagare le spese matrimoniali alla figlia di uno dei suoi affiliati storici.