Primi del ‘900. Una giovane attrice romana tenta di farsi strada nel mondo dello spettacolo, ma trova più facilmente la via della questura, a causa delle sue idee politiche progressiste. La sua carriera di attrice ristagna e sembra non riuscire a prendere slancio, finché arriva il giorno che avrebbe cambiato per sempre il modo di intendere gli spettacoli a Napoli, in Italia, e in molta parte dell’Europa. Fu il giorno in cui Maria Sarti inventò la mossa, durante la sua interpretazione di Ninì Tirabusciò.
E così è diventata credenza diffusa la mossa sia stata inventata da una certa Ninì Tirabusciò. Ma Ninì era solo il personaggio inventato da qualche scrittore di canzoni e macchiette. E Maria Sarti? Inventata anche lei, la protagonista del film “Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa”, il film del 1970 che sotto la regia di Marcello Fondato incorniciò la splendida vena comica di Monica Vitti.
Il titolo del film, e non solo il titolo, era traslato dal romanzo di Guido da Verona “La donna che inventò l’amore”, una biografia romanzata della star del varietà Maria Campi. Guido da Verona inaugurò a suo modo un vero e proprio genere, quello del romanzo erotico-sentimentale, che faceva leva sui desideri neanche troppo celati dell’alta borghesia di inizio secolo. Oggetto di quei desideri, le sciantose!
Non a caso un romanzo dello stesso Guido da Verona, pubblicato dieci anni dopo la biografia romanzata di Maria Campi, raggiunse la ragguardevole cifra di 300.000 copie vendute. In un’Italia pervasa da analfabetismo diffuso, era una soglia sbalorditiva. Il titolo di quel romanzo, “Mimì Bluette, fiore del mio giardino”.
Avrete senz’altro notato il nome “alla francesa”. Si trattava di una moda dell’epoca. Un’epoca in cui Maria Campi, così come tante altre sciantose, infarcivano i propri spettacoli con francesismi d’ogni genere, per richiamare quelle atmosfere tipicamente parigine che stuzzicavano la fantasia dei giovani borghesi italiani.
Era un mondo pieno di lustrini, ammiccamenti, luci, canzoni, divertimento, gonne svolazzanti, amori dietro le quinte, gioielli, teatri, locali, risate. Era il mondo delle sciantose, che a Napoli cominciavano a soppiantare letteralmente la fama delle chanteuse francesi, quelle cantanti che avevano lanciato una moda, e ora annaspavano nel demodè.
Le sciantose napoletane cominciarono ad attrarre un pubblico sempre più internazionale. E sempre più nutrito era il partito degli stranieri che preferivano la forza e la gagliardia delle donne napoletane, alla frivolezza fine a se stessa delle originali parigine. I Cafè-concerto a Napoli registravano introiti clamorosi. I teatri in cui si esibivano le sciantose, esplodevano di pubblico ed entusiasmo.
Un mondo in cui il pubblico era maschile, e le dive, femminili. In questo mondo dettava legge l’avvenenza, la bellezza, la prontezza di spirito, di Maria Campi. Star italiana esportata persino alla corte dello zar di Russia, di lei si dice fosse il merito di aver inventato la mossa. Suo fu certamente il merito se la mossa divenne un’attrazione internazionale. Ma fu davvero lei ad inventarla?
C’è chi dice di si. Ma le cose andarono diversamente. Intanto, per chi non lo sapesse, cos’è questa famigerata mossa. Si tratta di un ancheggiare flessuoso che progressivamente acquista velocità, accompagnato sovente dal rullo di un tamburo. Una volta che la velocità dell’ancheggiamento ha raggiunto l’apice, l’energia accumulata si sprigiona con un potente colpo d’anca, in grado di sollevare la gonna, lasciarne intravedere “il sottostante”, e ripercuotersi verso l’alto con movimento sussultorio dei seni.
Oggi, di fronte ad una mossa eseguita con tutti i crismi, si potrebbe rimanere impassibili, soprattutto per il fatto che la mossa è ormai archiviata nell’immaginario pubblico come un fenomeno di costume arcaico. Ma ai tempi la sua portata fu devastante. Maria Campi era letteralmente inondata di richieste, e nessuna di queste prevedeva una pausa dalla mossa che l’aveva resa più che famosa, una divinità.
Gli uomini di tutto il mondo andavano in visibilio, per la novità e la perizia con cui Maria Campi la eseguiva. Giusto riconoscimento alle sue doti sul palcoscenico, certo. Ma che la mossa sia stata una sua invenzione, qui entriamo nel campo della falsificazione storica. Maria Campi era romana. Si esibiva spesso in canzoni e macchiette in napoletano, perchè Napoli era la patria delle sciantose.
Ma la sciantosa che inventò la mossa non era lei. Si trattava di una ragazza molto meno famosa. Si chiamava Maria Borsa. Viene oggi ricordata per alcune sue interpretazioni, la sua carriera assunse comunque i tratti dell’internazionalità. Ma il suo astro avrebbe potuto brillare più fulgido, se Maria Campi non le avesse letteralmente “rubato” la mossa.
Si sentiva parlare da un po’ di tempo di disordini ripetuti in via Furia, al Teatro Partenope di Napoli. Disordini tali da costringere la polizia a continui interventi per sedare gli animi di giovanotti un po’ troppo esagitati. La causa di questi bollori era un misterioso spettacolo che andava in scena ogni sera al Partenope, protagonista una certa Maria Borsa.
Maria Campi, incuriosita da queste voci, volle recarsi di persona sul posto, e visionare lo spettacolo della collega, per scoprire la ragione di tanto clamore. Fu lì che Maria Campi rimase incantata da quel gesto, da quel rullo di tamburi, e intuì immediatamente le potenzialità dell’invenzione di Maria Borsa, se esportata su palcoscenici più rinomati.
Risultato: la fama di Maria Campi, già notevole, schizzò alle stelle. Quella di Maria Borsa, latitò un bel po’, prima di spiccare il volo. E oggi quel furto continua imperterrito a riproporsi, ogni volta che Maria Campi viene indicata come la donna che inventò la mossa. La mossa è napoletana, come Maria Borsa. Tanto napoletana che sentirla pronunciare in italiano fa uno strano effetto.