Preso dopo sei anni di latitanza il braccio destro del boss Giuseppe Polverino
Destinatario di quattro ordini di cattura, era ricercato dal maggio 2011 e figurava tra i 100 latitanti più pericolosi d’Italia. Giuseppe Simioli, 50 anni, detto Petrucelo, è stato catturato all’alba mentre si spostava in un nuovo covo, nell’aperta campagna del Viterbese. Aveva lasciato la villa-resort di Campagnano di Roma per spostarsi a Ronciglione, paesino di quasi 9mila abitanti situato sulle alture meridionali dei Monti Cimini.
L’operazione, che ha visto coinvolti cento uomini, è stata condotta dai carabinieri di Napoli, insieme ai cacciatori di Calabria e ai militari di Viterbo, sono arrivati a Simioli grazie a un errore commesso dall’attuale reggente del clan Polverino, attivo nei comuni di Marano, Quarto e Calvizzano, ma con interessi anche in altri comuni napoletani. Fatale l’ultimo spostamento: il boss è stato catturato dopo essere uscito dalla villa nell’agro romano per raggiungere un nuovo rifugio. Era in auto e probabilmente sapeva di essere braccato e ha preferito spostarsi. Ha dovuto fare i conti però con i carabinieri che hanno circondato l’area per l’intera notte, riuscendo a bloccare Petrucelo prima che raggiungesse un nuovo covo.
COVO RESORT, DUE DONNE E TRE FIGLI
Latitante da sei anni, il covo di Simioli era un vero e proprio resort di lusso completo di vasca idromassaggio Jacuzzi in giardino e di comfort di ogni genere. Indagini in corso con perquisizioni nella villa di Campagnano di Roma, dove si nascondeva, per appurare la responsabilità di eventuali fiancheggiatori. Simioli da anni conduceva una doppia vita, mantenendo una moglie e un figlio a Marano di Napoli e una relazione con una donna ispano-brasiliana dalla quale ha avuto 2 figli.
BRACCIO DESTRO DEL BOSS POLVERINO
Dopo una lunga detenzione per reati di stupefacenti, dalla data della sua scarcerazione, avvenuta nel 2008, era diventato il braccio destro di Giuseppe Polverino, il capo clan arrestato nel 2012 in Spagna. Per conto dei Polverino, Simioli curava il traffico di hashish sull’asse Spagna-Italia. Sovraintendeva tutte le fasi: dalla raccolta dei soldi (le cosiddette puntate), alla contrattazione dei prezzi, al pagamento, al ritiro dello stupefacente, fino al trasporto e alla distribuzione nei canali italiani. Frequenti le sue sortite in terra iberica per curare in prima persona i traffici, oltre che per stare vicino ai suoi affetti. In provincia di Roma si stava concedendo una latitanza in campagna, in un resort personale realizzato nel verde, con tanto di vasca idromassaggio. Ora si dovrà accontentare delle celle del centro penitenziario di Secondigliano.