Da una parte le mafie (tutte, comprese quelle non presenti in Campania) dall’altra la camorra napoletana, l’unica a distinguersi, o meglio, a non evolversi (da un punto di vista criminal-imprenditoriale) nella relazione annuale del 2016 della Direzione Nazionale Antimafia e antiterrorismo (DNA) presentata dal Procuratore nazionale, il napoletano Franco Roberti, e dalla presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi.
MAFIE IN OTTIMA SALUTE – Nonostante i numerosi arresti e le successive condanne, le organizzazioni criminali organizzate nutrono di buona salute in Italia. Questa la fotografia della relazione della Dna relativa al 2016. Un anno di successi, investigativi e processuali, – si legge nel rapporto – ma le mafie storiche non sono in crisi. Al massimo, stanno cambiando pelle e strategia per meglio adattarsi ai vuoti provocati da arresti e condanne e alle modificazioni del mercato”.
VUOTO DI POTERE – L’unica eccezione resta – come detto – la città di Napoli dove nonostante la pressante attività investigativa e i continui blitz delle forze dell’ordine si è creata una situazione di instabilità in alcune zona (Forcella, Rione Sanità, Miano, su tutte) provocando un aumento della violenza sanguinaria dei clan, guidati sempre più da giovanissimi e incontrollabili leader pronti a tutti e inconsapevoli di ritrovarsi nel giro di pochi anni in carcere o, se va male, all’altro mondo. Le mafie – invece – sembrano aver optato per una strategia di controllo del territorio diversa ma altrettanto efficace.
LA MAPPA DELLA CAMORRA A NAPOLI
CAOS E OMICIDI – A Napoli e provincia si spara ancora. A differenza di tutti gli altri territori, si registra un aumento degli omicidi di chiara matrice camorristica, che nel corso del 2016 sono passati da 45 a 65. A firmarli – spiega la Dna – sono “killer giovanissimi che si caratterizzano per la particolare ferocia che esprimono ed agiscono al di fuori di ogni regola”. Emerge così “un quadro d’insieme caratterizzato dall’esistenza di molteplici focolai di violenza soprattutto nei quartieri del centro storico che da sempre hanno suscitato i voraci appetiti della criminalità organizzata, in ragione dell’esistenza di fiorenti mercati della droga, delle estorsioni e della contraffazione, hanno rappresentato e rappresentano tuttora la vera emergenza criminale per il distretto di Napoli”. Di contro bisogna però dire che alcuni storici clan della città, come i Contini, i Licciardi e i Di Lauro (in provincia i Mallardo e i Moccia), avrebbero da anni virato verso nuovi mercati (ristorazione, commercio di prodotti contraffatti e ramo immobiliare e turistico), diversi da quello della droga, un tempo principale fonte di sostentamento.
BOSS MANAGER – Nel resto della provincia di Napoli, così come nel Casertano (terra sempre fertile per i Casalesi) e in altre zone della Campania, “la criminalità organizzata assume contorni di intensa ramificazione nello stesso tessuto economico ed amministrativo delle realtà locali”. I provvedimenti cautelari emessi che hanno colpito l’ala imprenditoriale dei clan camorristici – spiega la Relazione – hanno messo in luce le tecniche di infiltrazione nel sistema economico “ad opera di gruppi imprenditoriali a tutti gli effetti compenetrati nell’organizzazione camorristica che sempre più frequentemente estendono la loro operatività oltre i confini regionali e nazionali”.
PROFILO BASSO NEL CASERTANO – Singolare la situazione nel territorio dei Casalesi. “Il fatto che in Provincia di Caserta – si legge nella relazione – il numero di omicidi commessi al fine di agevolare organizzazioni mafiose, sia pari a quello che si registra, ad esempio, in provincia di Cuneo o Bolzano, cioè zero, non significa affatto che sia riscontrabile un livello ed una presenza della criminalità di tipo mafioso comparabile a quella riscontrabile nelle due province citate a titolo di mero esempio”. Dietro c’è infatti una nuova strategia di lungo respiro, basata sull’infiltrazione negli appalti e nei pubblici servizi, “sempre più agevolata da collegamenti stretti con la politica e l’imprenditoria”, piuttosto che sul ricorso alla violenza.
ROBERTI: COSA NOSTRA IN CRISI, ‘NDRANGHETA PRESENTE OVUNQUE
‘NDRANGHETA PERVASIVA – “E’ presente in tutti i settori nevralgici della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia – spiega la relazione -, creando le condizioni per un arricchimento, non più solo attraverso le tradizionali attività illecite del traffico internazionale di stupefacenti e delle estorsioni, ma anche intercettando, attraverso prestanome o imprenditori di riferimento, importanti flussi economici pubblici ad ogni livello, comunale, regionale, statale ed europeo”.
Alcune indagini “hanno rivelato un rapporto tra la ndrangheta, esponenti di rilievo delle Istituzioni e professionisti – legati anche ad organizzazioni massoniche ed ai Servizi segreti – di piena intraneità, al punto da giocare un ruolo di assoluto primo piano nelle scelte strategiche dell’associazione, facendo parte di una ‘struttura riservata’ di comando”.