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Due ragazze dietro lo scoppio della faida: ecco l’ultima volta di Marco Di Lauro

Un “ruolo strategico” quello avuto da Marco Di Lauro nella terza faida di Scampia, quella che tra il 2012 e il 2014 ha visto il clan della Vanella Grassi trionfare contro gli Abete-Abbinante-Notturno per il controllo delle piazze di spaccio a Scampia e Secondigliano.

Marco Di Lauro torna a Secondigliano, la nuova pista degli investigatori

E’ quanto emerge nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che questa mattina ha portato all’esecuzione di 27 ordinanze di custodia cautelare (23 in carcere e 4 ai domiciliari) nei confronti di esponenti della malavita organizzata tra l’area nord di Napoli e quella ovest (in particolare il quartiere di Pianura), oltre a due ufficiali della Guardia di Finanza contigui al clan dei ‘Girati’.

RUOLO STRATEGICO – Marco Di Lauro, 37 anni, noto come “F4”, il quarto figlio del super boss Paolo Di Lauro, alias “Ciruzzo ‘o milionario (in carcere dal 2005), è ricercato a livello internazionale da ben 13 anni, esattamente dal 7 dicembre del 2004. La sua figura però è ritenuta centrale dagli investigatori nello scoppio della terza faida di Scampia. Le indagini sono state condotte dai pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra, coordinati dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice.

Il “fantasma” di via Cupa dell’Arco, quartier generale del clan Di Lauro, sarebbe entrato in gioco nell’aprile del 2011 subito dopo l’omicidio di un suo affiliato, Antonello Faiello, detto “Al Pacino”, firmato dall’allora capo della Vanella Grassi, Antonio Mennetta.

FAIDA NATA PER “COLPA” DI DUE RAGAZZE – Un omicidio nato per futili motivi. Una storia d’onore dovuta alla figura centrale di due ragazze del rione Berlingeri, Francesca e Fortuna, colpevoli di uscire sia con affiliati al clan Di Lauro che con esponenti della Vanella Grassi in un periodo di tregua armata. Mennetta, definito “un uomo più d’azione che di pensiero” dai magistrati della DDA partenopea, ne viene a conoscenza e decide di punire le due ragazze facendole picchiare. I due frequentatori del clan Di Lauro lo vengono a sapere e decidono di vendicarsi con una spedizione punitiva nella zona dei “Girati” finita però nel peggiore dei modi. A rimetterci la pelle è proprio Faiello, mentre un altro affiliato al clan di Ciruzzo viene ferito all’inguine. Protagonista di quella spedizione punitiva, poi rivelatasi un clamoroso autogol, anche Raffaele Di Lauro, “F8”, il terz’ultimo figlio del super boss che all’epoca aveva appena 17 anni.

A commettere l’omicidio lo stesso Antonio Mennetta che, preoccupato di possibile ritorsioni del clan capitanato all’epoca da Marco Di Lauro, decise di rivolgersi agli Amato-Pagano. Quest’ultimi però scaricarono Mennetta che chiese ed ottenne la comprensione di “F4”.

IL RAID SENZA IL CONSENSO DI “F4” – Marco Di Lauro infatti non aveva autorizzato l’incursione armata dei suoi uomini del fortino della Vanella Grassi. Non ne era a conoscenza e mai avrebbe permesso a Faiello e Raffaele Musolino un raid armato in casa dei rivali in un momento così delicato. Lo stesso Di Lauro jr rimproverò anche il fratellino Raffaele, “tenuto chiuso in casa dalla mamma – raccontano i pentiti – dopo il casino che aveva combinato senza il suo permesso”.

I FRATELLI CORTESE – Da lì nacque una Joint Venture tra le due consorterie criminali che vide i Di Lauro riprendere il controllo del narcotraffico grazie al supporto sul territorio della Vanella Grassi e grazie alla figura centrale dei fratelli Ciro (ucciso in un agguato a Casavatore nell’aprile del 2015) e Giovanni Cortese. Quest’ultimo, definito “un Di Lauriano di ferro”, organizzò il narcotraffico avvalendosi anche di “F6”, Salvatore Di Lauro detto “Terremoto”.

LA CASA D’ORO DI GIOVANNI CORTESE

L’INIZIO DELLA VITA DA FANTASMA – L’intervento per ricucire lo strappo con la Vanella Grassi in seguito all’omicidio Faiello, rappresenta l’ultimo momento che sul territorio di Secondigliano e Scampia è documentata la presenza di Marco Di Lauro, che nel 2011 era già latitante da quasi sette anni.