Emergono particolari inquietanti nell’ordinanza che ha portato ieri all’arresto di cinque persone accusate di concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio, minaccia e falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale, reati aggravati dalle finalità mafiose.
Al centro delle indagini del ROS le infiltrazioni del clan Polverino, egemone nell’area nord occidentale di Napoli, nella realizzazione del piano di insediamento produttivo (pip) del comune di Marano, importante infrastruttura per il rilancio dell’economia locale che prevede lavori per 40 milioni di euro.
Secondo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Ferdinando Puca, ex elemento di spicco dell’omonima cosca attiva a Sant’Antimo, comune a nord di Napoli e bacino elettorale della famiglia Cesaro, “il padre del parlamentare fece scappare Raffaele Cutolo dal manicomio criminale di Aversa”.
“Fino agli anni ’80 – spiega – figura apicale del clan di Sant’Antimo era o’ Giappone affiliato alla Nco che aveva rapporti con il padre dei Cesaro il quale si era adoperato per far scappare Raffaele Cutolo dal manicomio di Aversa», racconta Puca. “Dopo la morte del Giappone prese il suo posto come rilievo criminale Pasquale Puca che nel frattempo strinse rapporti o meglio li continuò con i figli del citato Cesaro”.
“I Cesaro,negli anni 80’ erano dei piccoli imprenditori e la loro fortuna e la loro crescita imprenditoriale è stata favorita dal boss Pasquale Puca o minorenne», si legge, ancora, nel verbale del collaboratore di giustizia. «Affari e investimenti sono stati fatti sempre e con il solo Pasquale Puca del quale i Cesaro divennero i prestanomi. Ad esempio il centro Igea di Sant’Antimo, la Texas Instruments di Aversa o il centro commerciale Il Molino alle Colonne di Giugliano. Quando c’era bisogno il clan Puca interveniva a supporto e a sostegno dei Cesaro”.