“Lady dal fiocco blu”. Con queste parole la sigla italiana di Lady Oscar bollava di fatto la carriera militare come mestiere da uomini. Ma a ben guardare, nel cartone animato di questo non vi era traccia. Certo, inconsueto la regina affidasse la propria sicurezza ad una donna anziché ad un uomo, ma per i Giapponesi, contemplabile. Uomo, donna, confini sempre meno netti, venivano esplorati senza paura dai creatori dei manga.
Una donna soldato, imbattibile con la spada quanto vulnerabile in amore, infallibile in duello quanto disorientata nei sentimenti. Una donna che per farsi rispettare dai soldati a lei sottoposti ha dovuto impegnarsi il doppio del dovuto, il doppio di un uomo, a cui molto di quel dovuto è già assegnato in dote. Una donna simile non può che essere unica. E invece è in ottima compagnia.
Erano gli anni ‘80 del 1900 quando in TV, sulle reti private di Napoli, imperversava Lady Oscar. Era il XIV secolo quando Petrarca rimase sbalordito nel guardare dal vivo ciò a cui noi assistevamo tramite un cartone animato. La Lady Oscar di Petrarca aveva un nome ed un cognome. O meglio, un nome ed un soprannome. Si chiamava Maria Puteolana.
Si dice possa trattarsi di un personaggio semi-leggendario. Falso. Petrarca ne parla diffusamente nelle epistole indirizzate ad un Cardinale. Più precisamente l’epistola è la XVIII, quella in cui Petrarca racconta il suo viaggio a Baja e Pozzuoli. Il destinatario dell’epistola, il Cardinale, rispondeva al nome di Jacopo Colonna, di cui Petrarca era intimo amico.
Se non vogliamo ritenere che, nella smania di stupire il proprio interlocutore, Francesco Petrarca preferisse mettere a rischio la propria credibilità, spacciando per vere storie fantasiose, o letterarie, o riferite da terzi, allora potremmo anche credere Maria Puteolana non sia mai esistita, e che tra tanti personaggi inventati, lei accresca solo il numero degli stessi.
Se invece diamo per certa la sincerità della corrispondenza tra i due amici Francesco Petrarca e Jacopo Colonna, allora frasi come “io riferisco quello di che sono stato io stesso testimonio”, incorniciano Maria Puteolana come un personaggio storico realmente esistito, di cui un’autorità indiscussa come Petrarca ha riferito in prima persona.
E sono paradossalmente proprio le parole di un letterato a smontare ogni romanzesca visione di Maria Puteolana. Chi la descrive come una stupenda creatura, chi ne descrive le movenze eleganti sotto le lamiere metalliche, non ha fatto i conti con chi l’ha vista dal vivo. Petrarca, nella sua delicatezza di poeta trecentesco, parla di corpo gagliardissimo, corpo del soldato, robustezza, disagi che disfiorarono bellezza.
Una descrizione impietosa, seppur rispettosissima, del fattore estetico. Ma sono tutt’altre le caratteristiche su cui Petrarca si sofferma, degne di suscitare la sua piena ammirazione. La prima, tra quelle citate, è la verginità conservata da Maria Puteolana all’interno di un contesto militaresco tutto maschile. Aggiunge, il poeta, che i soldati non le si avvicinavano più per timore che per rispetto.
L’amazzone angioina sapeva infatti come farsi rispettare. Con la spada era imbattibile. La sua forza fisica, stupefacente. I più maligni potrebbero pensare che i soldati non le si avvicinassero per ben altri motivi, magari legati al suo aspetto esteriore. E confessiamo candidamente di far parte anche noi del novero dei maligni.
Maria possedeva tutte le doti che un guerriero avrebbe voluto e potuto possedere, e sostituiva puntigliosamente tutte le occupazioni di una ragazza con le opposte occupazioni di stampo militare. In battaglia era un portento: generosa, resistente, indomita, coraggiosa. Si lanciava negli agguati per prima, fuoriusciva dalle mischie per ultima.
Era in grado di resistere ai morsi della fame molto meglio di qualunque dei suoi soldati, così come al freddo, alla sete, al caldo, ai crampi, alla stanchezza. Petrarca la vide due volte. La prima volta era ancora una giovanetta spaurita. La seconda volta, a distanza di anni, Petrarca non la riconobbe nemmeno. La fissava come se gli ricordasse qualcuno. Intese chi fosse solo quando Maria gli sorrise.
Al secondo incontro risale la sfida che ha reso celebre Maria, immortalata dalle parole del poeta aretino. Un gran numero di cavalieri era accorso all’accampamento angioino, nel quale si trovava Maria Puteolana per difendere il regno degli Angiò dai pirati e dagli aragonesi. Sopraggiunsero non solo a questo scopo, ma anche per verificare le voci che si erano diffuse circa questa donna dalla forza sovrumana.
Alcuni di questi cavalieri chiesero una dimostrazione di forza a Maria, la quale si trasse d’impaccio adducendo un dolore al gomito. Ma l’insistenza dei corazzati colleghi la indusse ad accettare la prova. Fu lei stessa a dettare le regole della sfida: sollevare un masso gigantesco ed una trave di ferro.
Inutile dire che si trattò di un remake della spada nella roccia. Nessuno riusciva a sollevare il masso e la trave. Maria, dopo aver misurato le forze ai suoi pacifici avversari, prese il masso e la trave, e li scagliò lontano, come si fosse trattato di oggettini leggeri. Indescrivibile la meraviglia dei presenti. Petrarca raccontò addirittura di essere arrossito.
Dopo Petrarca Maria Puteolana venne citata in alcuni trattati incentrati su donne illustri. E’ il caso di “La Difesa per le Donne”, scritto da Vincenzo Signonio nella seconda metà del 1500. Le caratteristiche evidenziate della giovane donna di Pozzuoli: era astemia, poco incline al cibo, spregio assoluto per le occupazioni femminili consuete per la sua epoca, innamorata delle armi, instancabile nella veglia, inviolata fino alla fine dei suoi giorni.
Johannes Ravisius affermava le medesime cose nel suo De memorabilibus et claris mulieribus: aliquot diversorum scriptorum opera. Anche in questo caso si trattava di un’opera del tardo 1500, scritta però in latino. Non cita mai Maria Puteolana, ma persino la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso (stesso periodo dei precedenti) potrebbe aver preso ispirazione dalla donna guerriero di Pozzuoli, per pennellare i tratti letterari di Clorinda.
Fu poi la volta di Giovanni Sabatino degli Arienti, qualche anno prima che, nel 1607, Giulio Cesare Capaccio pubblicasse il suo “Vera Antichità di Pozzuoli”. Anche qui Maria Puteolana trovò il modo di farsi largo tra tanti maschi desiderosi di prevaricarla, nella battaglia della notorietà post-mortem. Che il nostro contributo possa aiutarla a vincere anche quest’ultima simpatica sfida.