La strage di calata San Marco. L'Armata Rossa Giapponese, ramo della rete terroristica della Jihad islamica, colpì a morte il cuore della città
In periodi come questo parlare di terrorismo sembra quasi banale ma allo stesso tempo comporta un bel carico di ansie e paure. I sentimenti forse più forti che stanno attraversando il globo negli ultimi anni. Anche Napoli ha avuto la sfortuna di conoscere cosa voglia dire essere colpiti a morte da un attacco terroristico. È accaduto 29 anni fa, in pieno centro, ma la ferita è ancora aperta, soprattutto perché sembra che il triste evento sia stato rimosso dalla memoria collettiva della città.
Era un giovedì come tanti altri ma che ha scritto una delle pagine più tristi della storia di Partenope. Siamo a calata San Marco, quella stradina che collega via Medina a via De Pretis, a due passi dalla centralissima piazza Municipio, sede di Palazzo San Giacomo dove ancora oggi risiede il sindaco di Napoli. Chi c’era all’epoca raconta di un boato talmente forte da essere sentito per tanti chilometri, quasi a coinvolgere l’intera città. L’obiettivo di quella forte esplosione è stato il circolo americano USO (United States Organization) che si trova dove oggi è stato costruito un grande parcheggio a pagamento.
Una Ford Escort riempita con 30 chili di esplosivo e parcheggiata davanti al locale è esplosa verso le 20 di quel giovedì sera, lasciando un piccolo cratere per strada e distruggendo il circolo dell’USO. Ma la tragedia si è completata solo quando è stato chiaro che degli innocenti sono rimasti vittima della violenta esplosione: Assunta Capuano (32 anni), Guido Scocozza (25 anni), Maurizio Perrone (21 anni), Antonio Ghezzi (62 anni), Angela Santos (26 anni), sono stati uccisi da quell’attentato.
La strage di calata San Marco
Capuano, Scocozza e Perrone passavano li davanti per caso; Ghezzi era un venditore ambulante che ogni giorno sostava dinanzi il circolo ed era molto conosciuto dalla gente del quartiere oltre che dagli americani che frequentavano il circolo (e lo chiamavano con affetto Popey); Santos era una sotto ufficiale portoricana con passaporto americano. Tanti i feriti colpiti dai detriti dell’esplosione e sbalzati in aria dalla detonazione. Escoriazioni, rotture di arti e ustioni: ecco cosa testimoniano i resoconti medici dell’epoca.
L’attentato fu eseguito e rivendicato dall’Armata Rossa Giapponese, una fazione armata dell’universo più vasto rappresentato dalla Jihad islamica. I terroristi coinvolti nella strage sono stati due nipponici: Junzo Okudaira e Fusako Shighenobu. Entrambi ricercati dalla polizia internazionale per attacchi contro i paesi “imperialisti e sionisti” che hanno causato la morte del fratello di Junzo, Tsuyoshi Okudaira: quest’ultimo qualche anno prima, il 29 maggio del 1972, aveva ucciso 24 persone all’aeroporto di Tel Aviv (in nome del Fronte popolare di liberazione della Palestina), facendosi esplodere una volta circondato dagli agenti israeliani del Mossad.
Junzo, per la strage di Napoli, è stato giudicato e condannato all’ergastolo dai giudici italiani il 20 marzo del 1992. Successivamente il terrorista giapponese è stato condannato anche negli USA il 9 aprile del 1993 sempre per terrorismo, stavolta insieme a Fusako, poi assolta per assenza di prove. Quest’ultima è stata moglie di Tsuyoshi e fino al suo ultimo e definitivo arresto (avvenuto ad Osaka nel novembre del 2000 dopo 30 anni di latitanza: è stata condannata a 20 anni di carcere) era una delle più temute e ricercate terroriste a livello mondiale. Alcune ricostruzioni degli inquirenti hanno evidenziato che Junzo e Fusako erano insieme poco tempo prima dell’attacco a calata San Marco, avvistati in piazza Garibaldi a bordo della Ford Escort maledetta e noleggiata qualche giorno prima in via Partenope. Però sul luogo della strage è stato visto soltanto Junzo. Che fine ha fatto quest’ultimo? Nessuno lo sa, non è mai stato catturato e di lui si sono perse le tracce: è praticamente svanito nel nulla.