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Ergastolo per il fioraio di Pianura. “Non aveva soldi ma ha agito per un “capriccio” della fidanzata”

Aveva premeditato tutto il fioraio di Pianura, il 28enne Antonio Riano, condannato all’ergastolo lo scorso dicembre dopo il duplice omicidio dei coniugi Simeone avvenuto il 18 aprile del 2015.

E’ quanto si evince dalle motivazioni della sentenza di primo grado con cui la Terza sezione della Corte d’Assise di Napoli ha condannato Riano. Motivazioni pubblicate dal quotidiano “Il Roma” nell’edizione di domenica.

IL DUPLICE OMICIDIO – Il fioraio di Pianura, quartiere nell’area occidentale di Napoli, è stato condannato per l’omicidio del tassista Luigi Simeone e della moglie Immacolata Assisi, entrambi cinquantenni, ritrovati il giorno successivo (19 aprile), dopo l’allarme lanciato da una prostituta, in una cava di via Ripuaria a Varcaturo, nel comune di Giugliano (Napoli). Tre i colpi d’arma da fuoco esplosi dall’assassino per finire la coppia. La pistola, una Berretta calibro 7,65, utilizzata per compiere il delitto non è mai stata trovata.

IL MOVENTE – Alla base dell’omicidio la compravendita dell’abitazione della coppia da parte di Riano. I coniugi Simeone infatti volevano vendere la loro casa di via Colonne a Melito (Napoli) per comprarne un’altra a Lusciano di Aversa (Caserta) dove risiedeva la sorella di Immacolata Assisi. L’obiettivo di Riano, alla luce di quanto stabilito dai giudici, era “certamente volto ad assecondare a ogni costo il desiderio, per non dire il capriccio, della giovane e bella fidanzata, sebbene questo aspetto vada tenuto distinto dalla motivazione del delitto, che ha natura essenzialmente economica, quella cioè di impossessarsi dell’abitazione delle vittime”.

Riano – così come riporta Il Roma – si presentò alla coppia come un imprenditore edile. In realtà il fioraio era al verde e non avrebbe mai potuto far fronte al cospicuo investimento. Di questo particolare, tuttavia, non ne erano a conoscenza né la fidanzata che i coniugi Simeone.

GLI ERRORI COMMESSI DAL FIORAIO – Il piano del giovane è stato però condizionato da una serie di imprudenze che hanno condotto pian piano gli investigatori (inchiesta condotta dalla Procura di Napoli Nord) a stringere il cerchio e a trovare prove schiaccianti nei suoi confronti. Nella sua abitazione due giorni dopo il delitto (20 aprile 2015) furono trovati un contratto di compravendita falso e uno scontrino da 4.50. “Il primo – scrive la Corte d’Assise – presenta spunti di comicità, tanto che il notaio stesso disconosce in seguito la propria firma in calce al documento”. Lo scontrino invece si trovava in una busta con una bottiglia di spumante. “Riano – spiegano i giudici – già il 17 aprile aveva detto alla fidanzata di aver ricevuto le chiavi dell’appartamento; al che lei suggerì di acquistare dello spumante per festeggiare l’evento”.

Una messa in scena andata avanti fino al tragico epilogo quando sabato 18 aprile 2015 il fioraio prende in serata un appuntamento con i coniugi Simeone, convincendoli a seguirlo nei pressi della cava di via Ripuaria a Varcaturo dove scende dalla sua auto e entra in quella del tassista. Qui, seduto sul sedile posteriore, preme tre volte il grilletto e poi simula una rapina.

LE INTERCETTAZIONI CON I PARENTI – Singolare è anche un dialogo intercettato in carcere tra il fioraio e i parenti un anno dopo l’omicidio. Era il 5 maggio del 2016 è “Riano – scrivono i giudici della Terza sezione della Corte d’Assise – ammette di essere stato insieme alle vittime sul luogo del delitto ma tenta di giustificarsi di fronte alle incalzati domande dei congiunti, adducendo di aver accompagnato Luigi Simeone per fargli un favore, dal momento che non conosceva il ristorante Le Cascine”.

Le intercettazioni pubblicata da IL ROMA

ZIA: “Noi lo sappiamo che c’entri qualcosa, capito?”
RIANO: “No, che c’entro… Gli ho fatto solo il piacere di accompagnarlo”.
ZIA: “E loro non ti hanno detto con chi si dovevano incontrare? Li hai visti, però?”.
RIANO: “No! Zia, io se sapevo o li avevo visti glielo avrei detto quella sera stessa, quando mi vennero a prendere a casa, per uscirmene da qui dentro”.
ZIA: “Guarda che il quadro è nero”