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Palazzo Doria d’Angri di Napoli, dalla gloria al totale abbandono

7 Settembre 1860. Arriva in treno, accolto come un benefattore dal sindaco di Napoli e dal Ministro di Polizia del Regno delle Due Sicilie, ammira il Maschio Angioino, ascolta della buona musica al Duomo, improvvisa due parole di circostanza in Piazza del Plebiscito (l’allora Largo di Palazzo), sale sulla sua provvisoria residenza napoletana, Palazzo Doria d’Angri, si affaccia al balcone, e pronuncia il suo memorabile discorso, con cui cancella ufficialmente il Regno delle Due Sicilie, ed inaugura l’annessione di Napoli all’Italia.

Se l’eroe dei due mondi sceglie il Palazzo Doria d’Angri per fare un annuncio così epocale, il perché non è semplicemente estetico o logistico. Le ragioni della scelta risiedono nella tradizione e nel simbolo, e per comprenderle dovremmo conoscere la storia di Palazzo Doria. Così come conoscendo l’episodio di quel memorabile discorso di Garibaldi, ci spieghiamo perchè il piazzale antistante al Palazzo (un tempo Largo Santo Spirito) venne chiamato nel giro di qualche anno, Piazza Sette Settembre.

Doria. Cos’è? E’ il cognome di una nobilissima famiglia genovese, una delle quattro famiglie più antiche del capoluogo ligure, che, insieme ai Fieschi, ai Grimaldi, e agli Spinola, tentava di ottenere da secoli il dominio della città. Cosa c’entri Genova con Napoli è presto detto. Un ramo dei Doria si trasferì nella città partenopea, arrivando a ricoprire ruoli di primissimo piano.

In particolare, Marcantonio Doria riuscì nel 1600 a farsi nominare da Re Filippo IV principe di Angri e conte di Capaccio. Un elenco infinito di ulteriori titoli i Doria li ottennero col tempo, intrecciando matrimoni combinati con nobili donzelle del luogo, rigorosamente selezionate tra marchese, duchesse, e principesse varie.

Il tentativo di attecchire a tutti gli effetti nella nobiltà napoletana, da parte dei Doria, passava necessariamente dalla proprietà. Oggi un nobile resta un perfetto sconosciuto se non calca i salottini mediatici della tv. Ai tempi non si era nessuno, se non si possedeva un palazzo in grado di procurare l’invidia dei pari livello patrimoniale. I Doria non facevano eccezione.

Il palazzo andava quindi costruito, o comprato. Ma dove? Marcantonio Doria intravide delle potenzialità in un paio di edifici che si trovavano nel punto d’unione tra Via Toledo e Via Sant’Anna dei Lombardi, molto vicino quindi alla Porta Reale, l’ingresso settentrionale di Napoli, e di fronte alla Basilica dello Spirito Santo, dove Murat venne proclamato Re di Napoli.

Il più piccolo di questi due edifici apparteneva a Roberto Maranta, che nel 1500 lo vendette alla Compagnia dei Bianchi della Giustizia, noti per il conforto che prestavano ai condannati a morte. Dell’edificio più grande, invece, non si sa assolutamente nulla, fino all’acquisto onerosissimo di un altro Marcantonio Doria, nel 1752.

Dopo aver comprato anche il primo edificio, quello più piccolo, tre anni più tardi, Marcantonio chiese al Tribunale della Fortificazione, Mattonata, e Acqua, di poter acquistare anche il vicoletto che separava le due costruzioni. Considerato che in quel vicolo accadevano cose non proprio conformi al buon nome della città, la richiesta fu accolta molto volentieri.

Al che Marcantonio fece collegare i due edifici da un’intelaiatura di legno. Rese nuovamente abitabile l’edificio piccolo, adibendolo ad appartamento, mentre del palazzo più grande impiegò i due piani sotterranei (cantine e stalle) per ospitare 21 cavalli, ed i rimanenti quattro piani per botteghe, depositi, ed ulteriori 12 cavalli.

Quando Marcantonio morì, pochi anni dopo aver acquistato i due immobili e il vicoletto, tutto passò nelle mani dell’erede Giovan Carlo. Quest’ultimo lasciò che fossero ultimati gli ultimi lavori già pagati dal padre, e nel 1778 decise di mettersi all’opera per la creazione definitiva di un unico palazzo, che potesse manifestare a tutta Napoli la grandezza dei Doria.

E qui cominciarono i problemi. Il progetto prevedeva la facciata principale del palazzo fosse rivolta, com’è adesso, verso l’attuale Piazza 7 Settembre, lì dove sorgeva l’edificio piccolo. Ma prima di procedere coi lavori, fu necessario acquistare una piccola porzione di quella piazza dall’allora proprietario, perchè il portale doveva necessariamente sporgere di qualche metro.

Poi fu necessario chiedere l’acquisto di strisce di suolo pubblico in corrispondenza dei fianchi del futuro palazzo: quelli, per intenderci, che danno su Via Toledo da una parte e Via Sant’Anna dei Lombardi dall’altra. Concesso, a patto che Giovan Carlo si occupasse di allargare Via Maddaloni, che separava il suo edificio grande dal Palazzo Carafa di Maddaloni.

Il Duca Carafa, preoccupato che il futuro palazzo avrebbe invaso Via Maddaloni con balconi e sporgenze, ottenne l’interruzione dei lavori. La riapertura avvenne grazie ad un compromesso. Giovan Carlo si impegnava ad aprire un ingresso unico su Via Maddaloni, in maniera che in futuro nessun locale interno avrebbe mai avuto sbocco di fronte a Palazzo Carafa.

A questo punto la strada era in discesa. Si poté abbattere l’edificio piccolo, e cominciare a lavorare sul palazzo unico, terminato nel 1785 sotto la supervisione artistica di Carlo Vanvitelli. Oggi Palazzo Doria d’Angri è uno dei più bei palazzi di Napoli, e una delle migliori testimonianze architettoniche del 1700.

La sua facciata in marmo bianco è stata gravemente danneggiata nel corso della Guerra Mondiale, a causa dei bombardamenti del ’43. Ma fortunatamente all’interno sono integre le decorazioni pittoriche di intere stanze, da parte di Fischetti, Desiderio, Starace e Diana. Incommensurabile il valore della collezione di quadri, che annoverano nomi quali Rubens, Van Dyck, Tiziano, Leonardo, De Ribera, patrimonio rientrato a Genova presso altri Doria eredi.

Dal 1850, per questioni ereditarie, il Palazzo Doria d’Angri cominciò ad essere diviso in locali. Tre per l’esattezza. E da lì in poi è cominciata, tra poche e sporadiche eccezioni, una lunga decadenza, accentuatasi negli anni compresi tra il dopoguerra ed il 1990. Anni in cui il Palazzo è rimasto in stato di totale abbandono.

L’edificio rappresenta un’opportunità unica di diventare proprietari di uno straordinario pezzo di storia nel centro di una delle più meravigliose e suggestive città d’Italia“: con questo annuncio poche settimane fa Christie’s ha annunciato la vendita all’asta di una parte dell’immobile.