Il carcere femminile di Pozzuoli è una struttura che nasce nella splendida cornice del tempio di Nettuno. Al suo interno, però, le condizioni e i meccanismi di organizzazione riversano in situazioni molto avverse. La vita dietro le sbarre per le detenute non è semplice e le lamentele sono tantissime. Un giro all’interno del penitenziario vi potrà far capire meglio quello che le carcerate sono abituate a vivere ogni giorno.
Foto di Claudio MennaLA STRUTTURA – La casa circondariale femminile di Pozzuoli è un’edificio risalente storicamente al quindicesimo secolo, quando l’intero complesso era un convento fondato dai frati minori. Nel ‘900 fu trasformato in manicomio criminale femminile e, infine, in carcere nel corso degli anni ottanta. A causa delle sue origini, la struttura presenta notevoli problemi per quanto riguarda la manutenzione e la vivibilità, rendendo frequenti i lavori di ristrutturazione. L’edificio è uno dei più grandi istituti del Sud Italia ma è anche uno dei più affollati. Infatti, il numero elevato di detenute rende estremamente difficile la convivenza e la gestione, in particolare durante i periodi estivi. Ad oggi il carcere si compone di tre sezioni, in cui le detenute sono suddivise per pena e reati commessi.
LE CONDIZIONI – Le detenute lamentano spesso le condizioni all’interno delle mura della prigione. In una lettera anonima inviata ad alcuni quotidiani qualche anno fa una detenuta commentava così la qualità della vita: “In questo inferno che noi viviamo, andiamo avanti solo con le minacce dei rapporti, anche per una sigaretta, che è l’ultima cosa che ci è rimasta qua dentro, in questo inferno che è così facile ad entrare, ma così difficile ad uscire”. Sì perché le celle, che dovrebbero ospitare fino a 5 detenute, a causa del sovraffollamento raggiungono anche le 13 persone per stanza. Il tutto senza considerare la salubrità dell’ambiente, tra l’altro, poco salutare poiché gli ambienti sono molto umidi e pieni di muffe.
LA DENUNCIA – Più volte le donne in quel carcere hanno lamentato non solo delle scarse condizioni igieniche in cui versano, ma anche i meccanismi di relazione all’interno della casa circondariale sono oggetto della lettera della detenuta: “Lo sapete che quando lavoriamo il carcere si prende 50 euro ogni mese per il letto? Si lavora molto e prendiamo quasi l’elemosina e quindi questo è un altro abuso, di sfruttamento vero e proprio. Ma lo Stato questo lo sa? O conviene anche a loro? Grazie sempre per quello che fate per noi”. Inoltre lancia un appello: “Noi della casa circondariale femminile di Pozzuoli vorremmo che voi ci aiutiate, ma sappiamo anche che anche se venite da noi siamo state avvisate che dobbiamo dire che qua va sempre bene e che ci trattano bene: sono tutte bugie che siamo costrette a dire. Questo posto è un inferno.”
LE STATISTICHE – Gli istituti femminili in Italia sono cinque. Oltre quello di Pozzuoli ci sono il carcere di Trani, quello di Roma (Rebibbia), Empoli e Venezia (Giudecca). Le sezioni in cui sono distribuite le donne rinchiuse all’interno di queste strutture sono circa 55. Nel nostro Paese, le detenute di sesso femminile sono meno del 5% della popolazione carceraria. A Pozzuoli risiedono 151 detenute a fronte di una capienza regolamentare di 101 posti. A causa delle estreme condizioni psico-fisiche e delle condizioni non agiate a cui sono sottoposte quotidianamente, sono stati molteplici i casi di suicidi riscontrati all’interno dell’istituto.
IMPEGNO NEL SOCIALE – Nonostante tutto, sono stati molti i progetti di recupero sociale finanziati dalla Regione Campania e organizzati dalle associazioni come “Il Pioppo”, “Giancarlo Siani” e dalla cooperativa “Officine Ecs”, tra cui spicca la produzione del caffè “Lazzarelle”. In questa particolare iniziativa dieci detenute hanno tostato, seguendo le fasi di asciugatura, macinato il caffè e si sono occupate della manutenzione dei macchinari nei locali dell’istituto penitenziario. Il secondo progetto È moda ha visto le detenute protagoniste della scena. Le donne del penitenziario sono diventate per un giorno delle vere e proprie top-model grazie alla P&P Academy di Anna Paparone e all’impegno della commissione Pari Opportunità del Comune di Pozzuoli. Hanno seguito così, corsi di portamento e debuttato nella moda intesa come forma e tendenza che unisce le differenti culture e abbatte ogni tipo di diversità. Grazie a queste iniziative le condizioni e i meccanismi di relazione tra le detenute e lo staff penitenziario sono visibilmente migliorate. Merito delle idee coinvolgenti che provano a risolvere il grave problema della sottoccupazione femminile attraverso, anche, la promozione di una nuova micro-imprenditorialità e favorendo la nascita di imprese “sociali” che siano in grado di offrire ed erogare servizi originali sul territorio.