L’attentato terroristico di Berlino ha sconvolto di nuovo l’Europa. Dopo Francia e Belgio i fanatici dell’Islam hanno colpito la nazione locomotiva del nostro continente. Del resto la strategia dello Stato Islamico è chiara: rispondere alle sconfitte subite sul campo di guerra in Medio Oriente, con attacchi imprevedibili e organizzati a casa nostra. Infatti, Daesh sta perdendo terreno ovunque. In Siria la capitale dell’Isis, Raqqa, è sotto bombardamento; in Iraq, la roccaforte dei terroristi Mosul, è sotto assedio.
Le conseguenze per l’Europa, causate da questa guerra e dal violento scontro civile siriano, sono molteplici: i flussi migratori che hanno portato sulle nostre coste migliaia di profughi e rifugiati; il continuo pericolo (purtroppo concreto) di attacchi terroristici; l‘avanzata dei movimenti politici populistici, nazionalistici e di estrema destra.
Insomma l’Unione Europea non è mai stata messa così a dura prova e la strage di Berlino è simbolicamente forte: essa allontana sempre più la realizzazione di una vera unità federale e politica del continente. In questo contesto che ruolo ha e potrà avere l’Italia?
Nel nostro paese l’allerta terrorismo è sempre elevata. I servizi segreti e i dirigenti del Viminale sono sempre al lavoro per cercare di ottimizzare le attività legate alla prevenzione, in merito a possibili attacchi terroristici. L’Italia è uno snodo fondamentale per l’Europa, nel bene e nel male. Infatti, il Belpaese è geograficamente al centro del Mediterraneo: la penisola si trova tra, il centro – Nord del continente, l’Est Europa (Balcani e stati ex sovietici) e a Sud – Sud Est, si affacciano il Nord Africa e il Medio Oriente (passando per la Turchia).
Insomma, lo stivale rappresenta un luogo pieno di insidie, se visto come nazione attraverso la quale passano potenziali terroristi e le cui coste sono assediate dai migranti. Ma se questa condizione fosse invece un enorme vantaggio? La crisi geopolitica che sta attraversando l’Europa impone all’Italia di assumersi una grande responsabilità: la leadership del Mediterraneo.
Il nostro paese ha il diritto / dovere di svolgere questo ruolo, proprio ora che c’è stata la Brexit, proprio quando la Francia è impegnata nelle imminenti elezioni politiche, proprio ora che la Germania ha subito, purtroppo, questo duro attacco.
L’Italia deve imporsi nel Consiglio Europeo come unica nazione in grado di gestire le crisi che ci sono soprattutto nel Nord Africa. Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto e soprattutto la Libia, sono paesi vicinissimi a noi. E se nell’ex colonia francese le acque sembrerebbero si siano calmate e in Marocco il Re Muhammad VI garantisce un grande equilibrio tra religione islamica e laicità, Tunisia, Egitto e Libia meritano un discorso a parte.
Il primo è un paese che ha dato una svolta storica rispetto alle ultime vicende che lo hanno visto protagonista. La Primavera Araba che ha provocato la fuga in esilio dell’ex tiranno Ben Ali, ha permesso l’insediamento di un nuovo governo che vede un’alleanza trasversale delle forze laiche e liberali con quelle islamiche. Questo nuovo esecutivo rispetta una nuova Costituzione che è un’incredibile innovazione per un paese islamico. La Tunisia rappresenta nel mondo arabo e africano una mosca bianca. I diversi attentati che hanno tentato di metterla in ginocchio sono la prova di questa importante evoluzione politica. L’Italia e l’Europa hanno il dovere e la responsabilità di difendere e preservare la Tunisia, in modo tale che possa diventare un modello per tutti quei paesi islamici che vogliono e devono intraprendere una transazione verso una forma di stato democratica e di diritto.
L’Egitto è la nazione dove più si è verificato il fallimento della Primavera Araba. La caduta di Mubarak ha prima permesso l’elezione (voluta dal popolo) di un governo islamico, guidato dai Fratelli Musulmani con Morsi Presidente. Poi c’è stato il colpo di stato del generale Al Sisi che ha imprigionato Morsi e con la scusa di evitare una deriva islamica del paese, ha spazzato via gli oppositori instaurando un nuovo regime. Insomma la stabilità dell’Egitto e dell’area ha avuto un caro prezzo: quello della privazione della libertà e del non rispetto dei diritti civili.
La Libia è invece ancora territorio di guerra. Il governo di Tripoli guidato dal premier Serraj è riconosciuto dalla comunità internazionale ma non dal Generale Haftar che sostiene, invece, l’esecutivo di Tobruk. E nonostante una coalizione internazionale a guida italiana a cui partecipano anche gli Stati Uniti, abbia indebolito e quasi sconfitto l’Isis nel paese, l’Unione Europea è profondamente divisa sull’azione politica che dovrebbe unire la Libia. Infatti la Francia, con il sostegno dell’Egitto, sostiene Haftar; questo manda in frantumi, sia la coesione dello stato nord africano (già difficile da gestire dopo la caduta di Gheddafi), sia un’operazione di politica estera europea comune.
Solo con la stabilizzazione del Nord Africa e quindi del Mediterraneo è possibile trovare una soluzione alla questione dei migranti e dei profughi. Inoltre va potenziata una politica di integrazione comune che permetta una vera accoglienza di queste persone che se regolarizzate potranno soltanto essere un bene per il continente da un punto di vista sia economico che sociale. Per non parlare degli scambi commerciali che possono avvenire in un Mediterraneo sicuro e protetto.
L’Italia non va lasciata sola, sarà fondamentale rinforzare l’asse franco tedesco, soprattutto con Angela Merkel e il prossimo Presidente della Repubblica Francese. Il Governo Renzi, prima di essere travolto dalla campagna referendaria, non si stava muovendo male e aveva intrapreso questa direzione. Adesso la palla passa all’esecutivo targato Gentiloni e più concretamente al prossimo Premier la cui fiducia sarà data da un nuovo Parlamento eletto dal popolo.
L’Europa non può risolvere questi problemi soltanto attraverso la creazione di coalizioni militari che bombardano questi paesi, senza pensare ad una svolta politica da impiegare in territori già disastrati da conflitti storici. L’Ue non può trovare come unica soluzione sui migranti, un accordo che la fa genuflettere nei confronti di una Turchia, lanciata nell’inferno dell’autoritarismo islamico dal suo Premier Erdogan.
L’Europa ha un’unica possibilità: diventare un’unione vera e politica. Deve rispondere in questo modo alla crisi internazionale, tamponando con riforme economiche e sociali comuni, il vento reazionario e nazionalista dei movimenti populisti ed estremisti. L’Ue deve darsi una mossa, la reazione deve essere immediata e forte. Vanno velocizzate le procedure per lo sviluppo di una politica estera e di difesa comune: solo così il terrorismo potrà essere sconfitto. Insomma l’Unione Europea è allo stesso tempo causa e soluzione del problema e l’Italia può esserne una grande protagonista, giocando un ruolo decisivo e di primo piano.