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L’inquietante leggenda del pozzo nel Presepe Napoletano

Perché il presepe napoletano è conosciuto in tutto il mondo? Perché non c’è turista che possa dire di aver visto Napoli senza essere passato da San Gregorio Armeno o da San Biagio dei Librai? Sicuramente per la bravura dei nostri artigiani, in grado di conservare tecniche e strumenti secolari. Ma un altro dei nostri segreti risiede nei simboli della tradizione. Uno di questi simboli è sicuramente il pozzo.

Si potrebbe pensare il pozzo sia un elemento irrinunciabile nel presepe perchè dona un tocco di realismo al contesto riprodotto della Natività, quando per rifornirsi di acqua bisognava armarsi di secchio e pazienza. Ma non è così. Il pozzo è in realtà un simbolo che si intinge allo stesso tempo nella religione e nel sottobosco di superstizioni e leggende che a Napoli non sono mai andate disperse.

Il “pozzo” viene visto come un elemento in grado di collegare il mondo del sottosuolo con il mondo della superficie, il mondo delle tenebre con il mondo della luce. Queste due istanze hanno dato vita ad una serie di miti e leggende talmente radicati nel territorio che hanno trovato collocazione stabile anche nel presepe, che di Napoli è esso stesso un simbolo.

Molte madri, fino al secolo scorso, quando i pozzi erano ancora una realtà diffusa, raccontavano ai loro bambini che dovevano tenersi lontani dai pozzi perchè, si fossero avvicinati durante il periodo delle festività natalizie, sarebbero stati afferrati dalle mani implacabili di “Maria ‘a manilonga”, e trascinati nelle profondità della terra.

Questa Maria si configura come una sorta di Anti-Madonna, nel gioco dei contraltari che caratterizza la figura del pozzo (sopra-sotto, interno-esterno, tenebre-luce). Essere trascinati da lei verso il basso significava sostanzialmente precipitare negli inferi, nel mondo dei morti, contrapposto al mondo dei vivi che abitavano la superficie.

Una drammatizzazione di un altro conflitto, vissuto nella figura della madre. Quando i figli sembrano allontanarsi e una madre non riesce più a controllarne la vita e i desideri, si genera quel sentimento ambivalente di amore e odio che va a personificare una figura terribile come quella di Maria ‘a Manilonga, che anziché dare la vita a quelli che considera suoi figli, li rapisce e gliela toglie.

Un’altra leggenda legata al pozzo dice che chiunque attinga acqua da un pozzo nella notte di Natale, potrà osservare riflessi nell’acqua del secchio i volti di chi perderà la vita entro un anno. Un’altra terribile credenza che collega gli abitanti della superficie al mondo dell’aldilà, attraverso il pozzo, che fa parte di entrambi i contesti.

E vi è un’altra variante simbolica di queste credenze. Raccontavano gli anziani che utilizzare i pozzi in prossimità delle feste natalizie era pericolosissimo, perchè esponeva al rischio di incontrare figure demoniache che avrebbero prosciugato l’anima di chi si specchiava nella superficie dell’acqua, sostituendosi ad essa, e difatti possedendo il malcapitato.

C’è poi la bizzarra storia della papera che staziona su alcuni pozzi, e se si incrocia lo sguardo col suo, se ne rimane turbati e terrorizzati a vita. Insomma, ce n’è di materiale per impedire ai bambini di avvicinarsi ai pozzi. Ma perchè riportare queste intimazioni nel presepe? Forse per esorcizzare le credenze, forse per ribadirle, forse per concedere ai due mondi la possibilità di riunirsi momentaneamente, per onorare la nascita di Gesù Bambino.

Forse non lo sapremo mai, ma da oggi, quel pozzo, lo guarderemo in maniera diversa. Cosa che avevamo già iniziato a fare con la spaventosa Samara, protagonista di “The Ring”, in tempi ormai non più recentissimi. E che continueremo a fare per i prossimi anni, se non vogliamo rischiare di portarci sfortuna da soli.