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Bruno Siciliano, il padre della robotica tifosissimo del Napoli

Bruno Siciliano. 56 anni, è uno dei padri della robotica. Un ingegnere napoletano di fama mondiale che ha scelto di rimanere nella sua città per portare avanti il suo lavoro. Poteva tranquillamente essere negli Stati Uniti o in qualsiasi altro paese che stanzia fondi importanti per le ricerche in campo ingegneristico. Invece il suo studio si trova a via Claudio, quartiere Fuorigrotta, di fronte allo stadio San Paolo.

Bruno Siciliano, il padre della robotica tifosissimo del Napoli

Non poteva essere altrimenti. Bruno Siciliano è infatti un tifoso sfegatato del Napoli, nonché anti juventino doc. L’ingegnere è salito alla ribalta ultimamente per l’invenzione del primo robot che sa fare la pizza. Ma Siciliano è anche autore del libro sull’ingegneria robotica più utilizzato dalle università di tutto il mondo. Un vero fenomeno conosciuto in tutto il globo che qui a Napoli ha aperto il suo centro di ricerca frequentato da professionisti di fama mondiale.

Siciliano ha racconto al portale ilnapolista.it che quando studiava per il dottorato a Udine sentiva la sua solo famiglia una volta a settimana, la domenica. E loro sapevano esattamente che la prima informazione da dare era il risultato della partita del Napoli. Ogni settimana la sorella gli spediva i ritagli del Mattino con le imprese dei giocatori. Quando Maradona segno alla Juve con la famosa punizione in area, la famiglia lo chiamò in via del tutto eccezionale per raccontargli l’episodio.

Bruno Siciliano: il tifoso del Napoli famoso in tutto il mondo per le sue ricerche sulla robotica

Tornato a Napoli dopo gli studi bruno Siciliano crea il “Prisma Lab. Sempre a ilnapolista l’ingegnere ha dichiarato: “È nato agli inizi degli anni Novanta, negli ultimi otto anni abbiamo creato progetti che hanno ottenuto 8,5 milioni di euro di finanziamenti. Con me lavorano due professori, e una ventina tra assegnisti, dottorandi e collaboratori. Ci chiamano dall’estero, vengono perché fa curriculum. Sembra una barzelletta ma qui con me ho un francese, un argentino, un messicano, un coreano, un giapponese. Ho avuto un ricercatore turco, un autentico genio della matematica che ora è al Mit di Boston e lavora lì anche grazie alle referenze del Prisma Lab“.

Un uomo pacato Siciliano. C’è solo una cosa che non tollera: la Juve. Ha soprannominato il nipote juventino “bastardino” e conserva con orgoglio al sciarpa “Juve me**a“. Nella stessa intervista ha dichiarato che l’unica volta che si è recato allo Juventus Stadium indossava una maglia del Napoli con lo sponsor Mars e il numero 10. Si lussò il gomito e fu costretto a recarsi in ospedale. Ecco le sue parole: “All’esterno dello stadio qualche juventino ci diede fastidio, mi innervosii molto, allora dissi ai miei figli di entrare. Ma non mi accorsi di un cordolo del parcheggio e inciampai cadendo rovinosamente: mi lussai il gomito, un dolore infernale. Loro entrarono dopo aver chiamato un’ambulanza. Andai all’ospedale. Ricordo che a bordo l’infermiera aveva preso le forbici per tagliare la maglia di Maradona. Mi alzai di scatto, la fermai. Non dico il dolore che provai nello sfilarmi quella maglietta pur di non profanarla. Un dolore da lacrime ma la maglia di Diego è sacra, non avrei mai potuto consentire lo sfregio delle forbici». La prima scritta sul gesso fu naturalmente “juve me**a”.