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Storia della Smorfia napoletana: perché si chiama così?

È usanza a Napoli quella di giocare il lotto e di legare i sogni fatti di notte ai numeri da giocare. La Smorfia napoletana sembra avere origini molto antiche, infatti la ritroviamo già nella civiltà greca, quando Artemidoro da Daldi, cominciò a mettere in comunicazione i sogni con i messaggi ultraterreni. A chi non è mai capitato di fare una partita a Tombola e sentire abbinare ai numeri nomi o situazioni della smorfia? Ma da cosa deriva questo nome così singolare?

Smorfia napoletana: la tradizione del gioco del lotto abbinando i numeri a fatti e persone

Ovviamente c’è uno stretto collegamento tra il nome e il sonno e quindi la figura di Morfeo, dio del sogno. Alcune teorie sostengono che l’origine della Smorfia napoletana sia collegabile alla Cabala ebraica (Qabbalah) secondo la quale ogni parola, lettera o segno ha un significato correlato da interpretare, allo stesso modo la Smorfia è una sorta di dizionario che interpreta per ogni situazione, sogno, persona un numero del lotto da 1 a 90. Ad esempio A’ paur fa 90; E’ denar’ 46‘ll Aneme ‘o Priatorio 85 e così via, per ogni cosa che accade la sua spiegazione e il suo numero da giocare.

Il gioco a Napoli era così diffuso che, tra Ottocento e Novecento, Matilde Serao descrisse con queste parole il gioco del lotto per i napoletani: “Ebbene, il popolo napoletano rifà ogni settimana il suo grande sogno di felicità, vive per sei giorni in una speranza crescente, invadente […] il lotto è il largo sogno, che consola la fantasia napoletana: è l’idea fissa di quei cervelli infuocati; è la grande visione felice che appaga la gente oppressa; è la vasta allucinazione che si prende le anime“. Le speranze del popolo venivano così alimentate dal gioco e guai a chi volesse toccarlo, ci provò Giuseppe Garibaldi con un decreto, ma il suo ordine non fu mai eseguito.

I napoletani poi con il tempo hanno creato una sorta di venerazione al lotto e si è arricchita e rafforzata la smorfia. Anche sulla base di credenze del passato, si sono creati personaggi quasi magici come i defunti che, andando in sogno ai propri cari, ancora in vita, confidano i numeri vincenti da giocare. Citazioni di questa usanza le troviamo nella commedia Non ti pago (1940) di Eduardo De Filippo, e nel nome che Massimo Troisi, insieme a Enzo Decaro e Lello Arena, diede alla sua compagnia. Queste le parole dell’attore sulla decisione di chiamare il trio La Smorfia: “E’ un riferimento, tipicamente napoletano, a un certo modo di risolvere i propri guai: giocando al Lotto, e sperando in un terno secco…la “smorfia”, infatti, non è altro che l’interpretazione dei sogni e dei vari fatti quotidiani, da tradurre in numeri da giocare a lotto”.