Allarme Coldiretti denuncia un forte rischio sull’aumento dei prodotti importati dalla Cina, tra le contaminazioni anche la pizza napoletana a causa delle materie prime, utilizzate per realizzarla, provenienti da diversi paesi non italiani. Il pomodoro cinese, che ha raggiunto i 70 milioni di chili nel 2015, la mozzarella lituana, l’olio tunisino e il grano canadese. Secondo i coltivatori diretti dunque, due pizze su tre, servite in Italia, sarebbero fatte con prodotti che non sono Made in Italy. Il prodotto gastronomico simbolo di Napoli, più conosciuto ed esportato al mondo, rischia davvero tanto.
Allarme Coldiretti: non solo la pizza napoletana nella black list dei prodotti contaminati
La black list dei prodotti contaminati, stilata secondo l’Allarme Coldiretti, sulla base delle analisi condotte dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare nel Rapporto 2015 sui Residui dei Fitosanitari in Europa, è purtroppo molto lunga ed è stata presentata oggi al Palabarbuto di Napoli. Per l’occasione, pizzaioli e agricoltori, hanno dato vita ad una manifestazione in difesa dei prodotti della dieta mediterranea e contro le speculazioni a basso costo. Presenze importanti anche quelle del sindaco Luigi de Magistris e del Presidente della Regione, Vincenzo De Luca.
Tra i prodotti italiani a rischio troviamo inoltre anzitutto i broccoli provenienti dalla Cina, il prezzemolo dal Vietnam e il basilico dall’India, ma anche fragole e arance provenienti dall’Africa. Il peperoncino proveniente dalla Thailandia, e i piselli del Kenia, presentano invece residui chimici irregolari: 21% nel primo caso e 10% nel secondo. Anche la frutta, come i meloni e i cocomeri provenienti dal Sud America, risulta essere irregolare secondo gli standard dell’Unione Europea. L’Italia, secondo queste informazioni, perderebbe milioni di euro. Per il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, bisogna: “garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale“.