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Palazzo Reale di Napoli: curiosità e storie di fantasmi

Il Palazzo Reale di Napoli è stato costruito nel ‘600 per volere del viceré spagnolo, Fernandez Ruiz de Castro, con lo scopo di accogliere i sovrani europei in viaggio per l’Europa. La costruzione dell’opera fu affidata ad un architetto del tempo molto noto presso la corte papale di Sisto V, Domenico Fontana. L’artista si ispirava a canoni rinascimentali, non visse abbastanza per veder l’opera compiuta e, al suo posto, proseguirono la costruzione architetti molto prestigiosi, tra cui Luigi Vanvitelli.

Tra il ‘700 e l’800 il Palazzo Reale di Napoli fu abbellito e dalla sua costruzione fino alla fine della monarchia fu sede di molte teste coronate, qui vissero i viceré spagnoli, gli austriaci, i Borbone e infine i Savoia, dopo l’Unità d’Italia. Le otto statue realizzate dal lato di Piazza del Plebiscito furono volute dal re Umberto I nel 1888. Dal 1919 il Palazzo diviene di proprietà dello Stato ed aperto al pubblico, è meta di turisti per le bellezze dei giardini, il Museo dell’Appartamento storico di Palazzo Reale, e la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, trasferita tra il 1922 e il 1923, che ospita una raccolta di un milione e mezzo di volumi.

Curiosità: storie di fantasmi al Palazzo Reale di Napoli

Il Palazzo Reale è legato anche a storie di fantasmi. Si dice infatti che la regina Maria Carolina di Borbone, sposa di Ferdinando II, amasse dare delle feste sontuose a cui partecipavano tantissime persone e, secondo voci di abitanti della zona, ancora oggi, passando di notte per le strade vicine al palazzo, si possono scorgere dalle finestre le luci delle feste e le ombre dei danzanti. Tutto svanirebbe poi con le prime luci dell’alba. Altre storie invece raccontano del fantasma del principe Carlo di Borbone che, fratello di Ferdinando II, perse tutti i suoi averi perché volle scappar via con una turista irlandese, contro la volontà del fratello-re, e si dice che si sentirebbero di notte  proprio le sue grida mentre vaga per le stanze dell’antico palazzo in cerca di giustizia per tutto ciò che perse per amore.